martedì, Novembre 26, 2024
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A cosa, e a chi, è utile la candidatura di Rita Borsellino alle prossime elezioni europee?

Quella attuale è una società certamente caratterizzata da fenomeni complessi, la maggior parte dei quali non sono “governabili” dai singoli cittadini. Tuttavia questa considerazione non esime nessuno dallo sforzo di servirsi del proprio diritto-dovere di informarsi per comprendere gli eventi e poter cosi esercitare, auspicabilmente, un atti – vo ruolo sociale. Intento del presente documento è, appunto, quello di fornire riflessioni e chiavi di lettura critiche sulla candidatura di Rita Borsellino alle prossime Elezioni Europee.
Tale candidatura ha suscitato non poche riserve e un’innegabile crisi all’interno dell’Associazione Unaltrastoria rappresentata da Rita Borsellino, nonché in quel più ampio “mondo” di persone che aveva o stava maturando l’idea di abbracciare un nuovo per – corso politico alla ricerca di un senso, individuale e collettivo, per provare/ritornare a svolgere un autentico protagonismo politico “di base” (un protagonismo, cioè, in grado di mettere in discussione oligarchie e pratiche autoreferenziali della politica, purtroppo ormai abbastanza generalizzate su tutti i fronti).
■ La candidatura al Parlamento Europeo di Rita Borsellino puo essere considerata al
servizio dell’azione sul territorio di un movimento di riforma della politi ca?
Premessa essenziale per una corretta lettura della vicenda che si sta trattando è lo scopo (ovvero la mission) dell’associazione Unaltrastoria. Leggiamo nel Documento Politico divulgato nella fase costitutiva dall’Associazione stessa: “Un progetto [quello promosso da Unaltrastoria] che ha come obbiettivo la costruzione dell’alternativa culturale e politica nel nostro Paese, nella prospettiva di una società di giustizia, dove la politica torna ad incontrare la società e il quotidiano di ognuna/o, per ridare identità ai corpi sociali e contribuire al senso e al significato all’esistenza“. […] “Siamo convinti che la Sinistra – “radicale” e/o “moderata” – debba recuperare un’identità smarrita, a partire
dai valori propri assolutamente non negoziabili.”
L’orientamento progettuale appena richiamato era ribadito – nel non lontanissimo 31 gennaio di quest’anno – da Rita Borsellino, che così si esprimeva: “L’unica mia preoccupazione sta, oggi, nel comprendere come si possano riportare i cittadini al centro dell’interesse della politica. Una politica che, sempre di più, sembra attivare processi esclusivi a danno della partecipazione dal basso e che contiene in sé meccanismi di autoreferenzialità per favorire e tutelare una ristretta classe dirigente. In questo senso ritengo errata – come più volte ribadito – una legge elettorale che veda sbarramenti così consistenti, così come ritengo profondamente ingiusta la legge elettorale nazionale che ha soppresso le preferenze. Il movimento, da me presieduto, persegue con forza e determinazione questi obiettivi e non ha da cedere ad alcuna “tentazione” [….] . Qualsiasi mio impegno e contributo non può prescindere da questi principi e noi siamo, oggi, qui alla ricerca degli strumenti più idonei per rinnovare la politica e difendere la democrazia nel nostro paese” (“Lettera aperta di Rita Borsellino sulle Elezioni Europee”).
Pur considerando che il carattere eminentemente proporzionale delle Elezioni Europee non consentiva alla leader di Unaltrastoria di svolgere agevolmente quel ruolo coesivo del centrosinistra che costituiva una delle ragioni fondanti del suo agire politico, da Rita Borsellino era legittimo attendersi la tempestiva formulazione di una proposta che rimettesse al centro della scena siciliana il tema dell’unità politica e programmatica del – le forze del centrosinistra; ciò avrebbe sottolineato il Suo ruolo super partes e di unica figura in grado di rappresentare una sintesi di tutte le forze del centrosinistra sulla base di un’intesa di programma, com’era già successo nel corso della sua candidatura a Presidente della Regione Siciliana, con le fasi entusiasmanti delle primarie (stravinte contro un temibile avversario come Ferdinando Latteri), con l’elaborazione del programma partecipato ad opera di migliaia di cittadini e con l’eccellente risultato elettorale riportato contro il pur vincente Governatore Cuffaro (potentissima “macchina elettorale” e ancora al culmine della sua ascendente parabola politica).
Per quanto sopra esposto, era da considerare coerente, oltre che ragionevole, che Rita Borsellino non si candidasse in alcun partito della vecchia e “ripudiata” Unione per mantenere tutta l’autorevolezza di leader “naturale” di una necessaria unità (ai fini del mantenimento di ogni agibilità democratica) delle forze progressiste siciliane e, prospetticamente, italiane. Dalle motivazioni della candidatura, invero scarne, addotte dalla presidente Borsellino, non è dato invece comprendere cosa sia cambiato da quel 31 gennaio (si veda sopra) e cosa Le abbia fatto mutare opinione “conducendola” nel Partito Democratico (oggettivamente il meno unitario delle forze politiche del centrosinistra).
L’impressione è che Unaltrastoria, terribilmente in ritardo nell’organizzazione e nella promozione della propria presenza sul territorio – che pure dovevano essere prioritarie, in ordine alla costruzione di un proprio originale e riconoscibile profilo politico – mostrava, giocoforza, un immobilismo propositivo e una condizione di inadeguatezza decisionale ed operativa rispetto all’appuntamento elettorale del 6 e 7 giugno prossimi che la portavano ad “afferrare” una delle occasioni che le venivano poste, senza alcuna riflessione sulla progettualità che la sottendeva e con un percorso decisorio contestato all’interno di Unaltrastoria e non correttamente comunicato all’esterno. Eppure, era stato più volte pubblicamente ribadito che per l’Associazione le tornate elettorali dovevano costituire un’opportunità da valutare in termini di utilità rispetto al lavoro politico svolto nel territorio e mai come fatto a sé stante. Quale utilità si è ravvisata, quale aspetto dell’azione di promozione del territorio si intendeva e s’intende sostenere con la candidatura in questione? La natura del mandato elettorale in palio non lo rende evidente, e neppure gli scarni interventi pubblicizzati a tutt’oggi fugano i dubbi al riguardo.
■ L’incongruenza nell’incongruenza: la candidatura di Rita Borsellino nel PD
La scelta di Rita Borsellino di accettare una candidatura nelle liste del Partito Democratico non appare coerente con quanto in più occasioni dichiarato dalla stessa esponente politica. Sono nel PD le risposte alla preoccupazione espressa da Rita Borsellino poco più di tre mesi fa? Nel PD che ha voluto e votato insieme alle destre l’insensato e antidemocratico sbarramento del 4% per le elezioni europee? E che farà votare Sì al referendum Guzzetta-Segni che, ove avesse successo, introdurrebbe, surrettiziamente, il bipartitismo in Italia senza peraltro ridare agli elettori il diritto di esprimere preferenze? E che dire di tutta la “vicenda Finocchiaro” con tutto il suo portato di sistematico depotenziamento della “naturale” seconda “candidatura Borsellino” alle Elezioni Regionali e di evidente disimpegno del PD che ha imposto una candidata (sempre la senatrice Finocchiaro) priva di significati e di effettiva volontà di competere? È di nessuna importanza che il
PD sia anche il partito che – specialmente in Sicilia e nel Mezzogiorno – non ha del tutto fatto i conti con una questione morale la quale, di là da aspetti penali che, se pur gravi e presenti, vanno rimandati al giudizio della Magistratura, attiene ad una prassi politica di negativo trasversalismo e infimo consociativismo? È irrilevante che il PD lanci segnali sia a livello locale, sia a livello nazionale – all’UDC di Totò Cuffaro? O pensa Rita Borsellino di poter essere il deus ex machina di un partito nemmeno “neodemocristiano”, ma addirittura neocorporativo in ordine ai temi sociali e paraclericale – in una sua componente non marginale, ma fondante e decisiva – rispetto ai temi bioetici? Cosa ne sarà delle linee e dei contenuti del programma, redatto dai Cantieri di Unaltrastoria, la cui sintesi veniva condivisa dai partiti del centrosinistra, ma poi esplicitamente rinnegato dal PD nella campagna elettorale per la senatrice Finocchiaro, della quale, di concerto con il suo partito, fu evidente il disimpegno, poi “conclamato” con il suo repentino ritorno a Roma? Non s’è posta, Rita Borsellino, il problema di divenire il classico “specchietto per le allodole” o, l’ancora più classica, “foglia di fico” di un partito senza un chiaro orizzonte ideale, mostratosi culturalmente e strutturalmente incapace di fare?
L’aspetto più triste dell’intera vicenda è che Rita Borsellino, aderendo al PD (ché di questo si tratta, al di là dai “virtuosismi” linguistici) ha segnato la fine di Unaltrastoria, almeno come soggetto autonomo in grado di fare irrompere nella società politica tutta quella gente, di norma “senza voce”, che ha un’idea diversa della politica dei “professionisti” e che fa la differenza ogni qualvolta decide di rimanere a casa nelle competizioni elettorali e di non utilizzare il potenziale ancora significativo della militanza porta a porta, nei luoghi di lavoro, di studio, ecc… A questo punto, inevitabilmente, è più che un’ipotesi l’archiviazione definitiva del “profilo alto” di Unaltrastoria per far divenire tale associazione una piccolissima propaggine del Partito Democratico di assoluta insignificanza, realisticamente persino incapace di dare percettibili segni di sé.
L’elezione di Rita Borsellino – dal PD candidata, significativamente, in un solo collegio è abbondantemente incerta: l’Italia ha visto ridurre la propria rappresentanza al Parlamento Europeo da 78 a 72 deputati; sicuramente il PD avrà un significativo calo di voti; fra i “compagni di lista” Rita Borsellino ha Rosario Crocetta e Italo Tripi (i quali hanno già a disposizione efficienti e ben registrate “macchine elettorali”). Chi sta facendo – a proposito di mezzi minimamente adeguati – la campagna elettorale a Rita Borsellino? La cosiddetta “società civile”, nella quale moltissimi saranno i delusi della sua improvvida scelta di candidarsi nel Partito Democratico, o quel che resta di Unaltrastoria, che anche al massimo delle sue possibilità non potrebbe competere nemmeno con il più disastrato dei partiti in campo? I silenzi eloquenti e il basso profilo di una campagna elettorale, nemmeno lontana parente di quella della prima candidatura (2006) di Rita Borsellino, dimostrano, ineluttabilmente, che un’ipotesi di cambiamento, una “operosa utopia” secondo l’efficace definizione di un consigliere dell’Associazione – si è arenata nelle secche della più scadente quanto imprevista realpolitik i cui contorni nessuno ha sinora ritenuto di spiegare adeguatamente agli aderenti, ai simpatizzanti, ai “positivamente curiosi” di Unaltrastoria.
Spiace dover constatare che la candidatura di Rita Borsellino abbia soggiaciuto alle logiche della “politica spettacolo”, secondo le quali l’immagine e la costruzione di un posticcio immaginario collettivo, contano più dei valori vissuti e delle proposte non demagogiche.
Non sembra esservi dubbio sul fatto che il PD (“annaspante” anche in termini di consenso elettorale) con la candidatura di Rita Borsellino ammicchi a quel “minimalismo politico” italico che si bea della acritica e deresponsabilizzante infatuazione per singoli personaggi a cui si assegnano, fideisticamente, poteri “taumaturgici” e “provvidenziali”. E, in termini di deficit democratico, poco cambia se il “culto della personalità” è attribuito a Rita Borsellino, persona d’onestà a tutta prova, ma che politicamente ha mostrato – alla lunga – un’inaspettata propensione al solipsismo, neanche lontanamente affine, evidentemente, alle buone pratiche di democrazia dal basso, diffusa e partecipata.
Se Rita Borsellino – non una sacra intoccabile icona, ma persona adulta non più digiuna di politica – ha deciso di farsi “normalizzare” dal PD (“normalizzazione” già ben definita, ma la cui perfetta chiusura del cerchio sarebbe – per coloro che erano preoccupati della novità del Suo progetto – la sua mancata elezione), ciò costituisce – pur nella sua evidente negatività – un fatto collettivamente rilevante rispetto al quale non sono consentiti silenzi o ignavie.
Coloro che, nel nome di Unaltrastoria, hanno promosso iniziative e partecipazione nei rispettivi ambiti territoriali, possono esimersi dal prendere pubblica posizione rispetto alla scelta di Rita Borsellino? È di poco conto che Rita Borsellino, unendo il proprio cammino a quello di un partito ontologicamente antitetico – allo stato dell’arte – ad un’autentica rappresentatività diffusa e sposandone il progetto (quale?), sconfessi e vanifichi – di fatto – l’operato di tanti che, credendo nelle finalità di Unaltrastoria, hanno lavorato nel territorio?
■ Unaltrastoria nella gestione dei processi decisionali o la “Solitastoria“?
La decisione di Rita Borsellino di candidarsi alle Elezioni Europee (decisione, beninteso, del tutto legittima sul piano personale) è arrivata pressoché “a freddo” anche per gran parte degli aderenti ad Unaltrastoria che non hanno capito se, e cosa, si sia mosso nell’Associazione dalla sua fondazione (13 luglio 2008) ad oggi. Altra questione che avrebbe meritato attenzione, da quella data ad oggi, è quella della leadership di Unaltrastoria.
Alla luce di quanto è accaduto, è stato un grave errore non aver considerato che anche leader riconosciuti e irreprensibili sotto il profilo personale – com’è, indubbiamente, Rita Borsellino in un ambito associativo né debbano avere totale libertà d’azione, né possano ritenere che ogni loro autonoma scelta impegni automaticamente anche l’Associazione di cui sono guida (così postulando una sorta di anacronistico e inaccettabile cuius regio eius religio).
Il percorso decisionale di Unaltrastoria è stato segnato da tappe non lineari e difficilmente intellegibili. Per ben 23 giorni chi si “affacciava” sul sito dell’Associazione poteva constatare l’evidenza data ad un articolo de “la Repubblica” del 19 marzo 2009, di cui l’aspetto giornalisticamente più notevole era l’apertura di credito data da Rita Borsellino alla proposta di candidarsi, perorata da un gruppo di giovani palermitani del PD;
proposta che, paradossalmente, nonostante sia stata formalizzata da Dario Franceschini solo in extremis, ha tenuto banco nell’informazione interna ed esterna, invero scarsa e a senso unico, oscurando, di fatto, le proposte ben più tempestive di altri leader di partito.
L’articolo sopra indicato rimandava, inoltre, ad una pagina di “Facebook” che consentiva di sottoscrivere (virtualmente) un appello affinché Rita Borsellino trovasse posto nelle liste del Partito Democratico; tale fuorviante modalità informativa non ha tenuto in alcun modo conto che la pseudodemocrazia da social network è assolutamente antitetica ai principi della democrazia diffusa e partecipativa; principi ai quali Unaltrastoria ha sempre asserito di riferirsi.
Assolutamente insufficiente è stata, invece, l’informazione relativa agli “incontri” degli organi associativi di Unaltrastoria aventi per oggetto valutazioni sulla candidatura europea di Rita Borsellino. Il susseguirsi di tali “incontri” – tutti caratterizzati dall’informalità e dalla assenza di momenti deliberativi adeguatamente regolamentati – è culminato in un’assemblea “plenaria” del Consiglio Regionale e del Consiglio Nazionale, convocata per il 16 aprile scorso.
■I “se” e i “ma” che qualche volta fanno la “storia”
Purtroppo, anche il decisivo incontro del 16 aprile scorso non si è svolto nell’ambito di un percorso legittimo, lineare e comprensibile (insediamento Presidenza, verifica numero legale, votazione, conta dei voti, verbalizzazione…), come dichiarato da alcuni componenti (ad oggi da nessuno smentiti) dei Consigli congiunti. Questo è stato, oggettivamente, un fatto politico gravissimo in un’associazione come Unaltrastoria presieduta da una figura di grande prestigio sul piano dell’etica e della democrazia come Rita Borsellino.
A parte l’imbarazzante lettura dall’esterno di questo percorso decisorio e le lacerazioni interne, il dato decisivo era, e rimane, l’evidente implosione dell’Associazione (e ciò nonostante alcuni rimandi, di qualche dirigente di Unaltrastoria ai “buoni sentimenti” e ad una sorta di “diversità assiomatica“, da non dimostrare, cioè, con l’assoluto rigore di ogni atto politico e relazionale).
Per il proseguimento della mission di Unaltrastoria, di là dalla decisione presa da Rita Borsellino – che pure, in termini politici, non può che essere valutata assai negativamente – c’era da attendersi un percorso corretto e chiaro sul piano delle irrinunciabili regole statutarie e non, com’è invece accaduto, un estemporaneo appiattimento sul Partito Democratico, il quale ha incessantemente “lavorato ai fianchi” l’associazione guidata da Rita Borsellino per cancellarne le peculiarità ed inglobarla nel sistema partitocratico. È infatti fuor di dubbio che solo il dipanarsi di un iter decisionale autonomo, lineare e trasparente – incentrato sulla corretta comprensione degli umori e delle aspirazioni del variegato mondo dell’Associazione e in cui ognuno degli aderenti ad Unaltrastoria doveva/ poteva essere protagonista – avrebbe consentito a Unaltrastoria di rimanere ancora “in partita” con il suo delineato progetto di cambiamento e, contemporaneamente, di valutare/individuare le sue prospettive politiche ed operative di medio e lungo termine.
Di quel pomeriggio del 16 aprile resterà comunque nelle cronache l’insolito intervento introduttivo di Rita Borsellino – pacato nei toni, ma durissimo nella sostanza – che ha assunto il peso di un aut aut, di un “con me o contro di me “, una “sfida” di cui non tutti hanno saputo/voluto cogliere la durezza e l’eccentricità; probabilmente, non pochi sono stati frenati da dinamiche affettive o da “timore reverenziale”, ambedue comprensibili sul piano umano, ma irresponsabili e deleteri sul piano politico.
Anche a costo di apparire pedanti, occorre ricordare che i percorsi e le regole decisionali non sono sovrastrutture, ma sostanza stessa della democrazia partecipativa, la quale, nella sua esplicitazione più progressiva, esclude “deleghe in bianco” e, invece, postula mandati vincolanti tanto per gli organi esecutivi che per le singole rappresentanze (ognuno, anche solo dalla scarna informazione filtrata all’esterno, sarà in grado di farsi un’idea se e come ciò abbia avuto applicazione negli ultimi, parzialmente noti, eventi di Unaltrastoria).
A scanso d’ogni equivoco, va detto che richiamare corrette prassi associative non significa sposare un esasperato assemblearismo, ma – più semplicemente – esigere l’applicazione di regole condivise e, soprattutto, non disattese perché fortemente ancorate al principio dell’astrattezza normativa che è garanzia per tutti di equità e correttezza.
Nelle realtà associative il voto degli (e negli) organismi deliberativi, di cui è certa e verificata la legittimità, è, indiscutibilmente, il momento più alto. È perciò a ragion veduta che si può affermare – atteso che il 16 aprile scorso non ha avuto luogo alcuna votazione – che quel giorno Rita Borsellino ha ricevuto (a voler dare, generosamente, un minimo senso al “dialettico” consesso svoltosi presso la sede dell’Associazione) solo una “copertura tecnica” alla sua personale decisione di candidarsi col, e nel, Partito Democratico; decisione scaturita e motivata – se ne prende atto ex post (comunicato di Rita Borsellino del 18 aprile 2009 – “Io e il Pd condividiamo un progetto e lo portiamo in Europa”) – dalla condivisione di un progetto comune”. A questo punto è appena il caso di ricordare il resoconto del quotidiano “la Repubblica” – edizione Palermo – del 18 aprile 2009 che (dopo aver dato notizia della spaccatura di Unaltrastoria e di “… un dibattito accesissimo”) ha sintetizzato – non smentito – il più volte richiamato incontro del 16 aprile scorso con “… il movimento ha deciso di non decidere.”
Viceversa, il comunicato stampa del 17 aprile scorso di Unaltrastoria (“EUROPEE, UNALTRASTORIA: PIENO MANDATO A RITA BORSELLINO”), non dà minimamente conto del reale svolgimento di quello che, il 16 aprile, è stato l’incontro congiunto del Consiglio regionale e del Consiglio nazionale dell’Associazione. Tale comunicato – “curiale”, elusivo, e, in ultima istanza, complessivamente non veritiero – tace, ad esempio, sul fatto che mai è stato verificato il numero dei consiglieri presenti e che, come si è già scritto, non s’è votato alcunché. Da chi, dunque, Rita Borsellino ha ricevuto quel “… pieno mandato […] nella qualità di presidente del movimento di assumere qualunque decisione riterrà opportuna circa la sua candidatura alle elezioni europee […] rispetto alle proposte pervenute da più fronti”.
L’unica notizia interessante del citato, omissivo comunicato è che a Rita Borsellino sarebbero pervenute proposte “… da più fronti”. Che “peso” avevano e come e da chi sono state valutate tali proposte? Se agli aderenti ad Unaltrastoria non è stato dato saperlo, figuriamoci all’opinione pubblica, la quale – stando alla visibilità che è stata riservata, sul sito ufficiale dell’Associazione alla già menzionata, opinabile iniziativa di alcuni giovani del PD di Palermo – ha potuto giustamente credere che solo il Partito Democratico abbia interloquito con Unaltrastoria. Resta aperta la domanda, invero non superflua, se questo “strano” contegno sia stato frutto di un imbarazzante, inescusabile dilettantismo comunicativo o, in realtà, un modo per suffragare una decisione già coltivata da Rita Borsellino e, al contempo, “anestetizzare” quanto più possibile il confronto e le
asprezze critiche ad essa connessi.
Senza lasciarsi avviluppare da sentimentalismi del tutto fuori luogo, è necessità assoluta mettere in risalto che il patto Franceschini-Borsellino è un accordo frutto di logiche politiche vecchissime, alle quali Rita Borsellino ha liberamente deciso di adattarsi, uniformandosi persino nel linguaggio (come anche gli ultimi suoi comunicati stampa testimoniano) al cerimoniale non scritto, ma ferreo, del ceto politico di cui, sino a non molti giorni fa, Ella riteneva di non far parte. Indicativo, in tal senso, il suo silenzio rispetto alle dichiarazioni (“la Repubblica” – edizione Palermo – dell’11/04/2009) di taluni esponenti del PD (“vecchi” e “nuovi” insieme appassionatamente!) che non solo Le hanno “ricordato” che il Partito Democratico non è partito da “indipendenti”, ma che l’hanno pure invitata a “… fare politica proprio nel Pd […] coinvolgendo il suo stesso movimento”. Non sarebbe stato doveroso – da parte di Rita Borsellino – un segnale ufficiale di autonomia personale e politica da queste pesanti e irriguardose incursioni nei percorsi interni di Unaltrastoria? Ma, evidentemente, i suoi personali contatti con Franceschini erano già giunti ben oltre il “punto di non ritorno”.
D’altra parte, in un partito come il PD, a forte connotazione personalistica, il concetto di “indipendente” non ha molto senso, ma – con la stessa tecnica utilizzata nel periodo immediatamente prima dell’opposizione ufficiale del Partito Democratico alla candidatura a Presidente della Regione di Rita Borsellino a favore della senatrice Finocchiaro – esso è tornato utile per stabilire i confini di Rita Borsellino stessa e per dare il “segnale” che quest’ultima aveva perso il suo prestigioso ruolo di riferimento e sintesi guadagnato sul campo con la Sua coerenza iniziale e con la netta e ben distinguibile caratura politica di Unaltrastoria.
Consentire ad alcuni personaggi – accomunati dall’interpretazione di una scadentissima politica – di poter reputare Unaltrastoria una specie di caravan indirizzabile ovunque il suo “indiscusso autista” ritenesse opportuno è stato un macroscopico errore che, in un solo colpo, ha reciso tantissime speranze conquistate al progetto dell’Associazione.
Come si è potuti essere così miopi da congetturare che tutti sarebbero rimasti sul caravan in questione e che con esso il “militante tipo” di Unaltrastoria si facesse silenziosamente “scarrozzare” ovunque e, per senso di malintesa “disciplina di partito”, continuasse a riconoscere la leadership di Rita Borsellino? E, in ogni caso, di cosa è leader oggi Rita Borsellino?
Rispetto alle già richiamate carenze politiche, organizzative e decisionali di Unaltrastoria, forse ci si dovrebbe chiedere se non si è commessa l’ingenuità di ritenere che la positiva diversità (locuzione rivelatasi, purtroppo, solo un’accattivante etichetta su un barattolo vuoto) di tale Associazione potesse esimere da una continua vigilanza e stimolo propositivo degli organismi statutari. Ma se d’ingenuità s’è trattato, da parte di chi ha sempre avuto particolarmente a cuore l’immagine e la sostanza di Unaltrastoria, essa è stata figlia del rifiuto concettuale di introdurre nell’Associazione prassi di sovraesposizione personalistica o, men che meno, latamente “correntizie” (invero non demonizzabili, ma improprie in una piccola realtà associativa).
Un ragionamento sulla missione “di servizio” di Unaltrastoria, volta alla fornitura di “attrezzi” per la partecipazione collettiva, non può prescindere dalla considerazione che l’autorevolezza e il carisma di Rita Borsellino hanno avuto un senso politico solo finché essi non sono stati scissi da un progetto complessivo; il progetto che sino a pochi giorni fa sembrava essere quello di Unaltrastoria, del quale, francamente, non si vedono le similitudini, né, tanto meno, le sovrapponibilità con quello del Partito Democratico.
Occorre pertanto rifuggire il pensiero, assolutamente impolitico, che la candidatura di Rita Borsellino, e nel PD in particolare, sia un valore in sé e, conseguentemente, comunque utile a prescindere dalle incomprensibili e mal gestite procedure che hanno solitariamente condotto la leader di Unaltrastoria a tale decisione.
■ La prospettiva
L’analisi dell’infausto esito di un progetto politico – quello di Unaltrastoria – che ha suscitato grande interesse e speranze, richiede, da parte di chi ha creduto e partecipato alla costruzione del percorso che esso sottendeva, la non piccola fatica di discostarsi e di liberarsi da un pur comprensibile coinvolgimento emotivo per dare spazio ad un sano realismo che, purtroppo, in questo caso non può prescindere dal gramsciano “pessimismo della ragione”.
A Rita Borsellino, di là dalle ambiguità della proposta del PD, non può (né, probabilmente, potrà) più essere riconosciuto quel ruolo di garanzia, coordinamento e sintesi dello schieramento di centrosinistra e di un percorso d’innovazione politica. Ovviamente, tale funzione, oltre che dai partiti del centrosinistra – PD compreso – non Le sarà più riconosciuta da quella ampia fascia di persone “altre” rispetto al “tradizionale” (e non sempre trasparente) approccio alla politica.
L’occasione politica costituita da Unaltrastoria è irrimediabilmente perduta (e ciò di là dai prevedibili e, perfino, comprensibili tentativi di negare l’innegabile). Quindi, dissolta, di fatto, Unaltrastoria, resta ora da capire se ci sia qualche possibilità di non disperdere totalmente il patrimonio di persone che in buona fede (di chi non lo è stato e non lo è, poco importa) hanno sperato in un’altra politica, in una vera partecipazione diffusa e che davvero non meritavano l’inatteso, mortificante epilogo dell’Associazione in cui avevano creduto.
Per fortuna, come aveva lucidamente previsto il progetto iniziale di Unaltrastoria, la partecipazione “diffusa” non deve essere organizzata tutta ex novo, ma, piuttosto, intercettata e sostenuta nei tanti luoghi in cui, talvolta inaspettatamente, essa emerge. Esistono tante associazioni e gruppi spontanei – che non sempre Unaltrastoria ha saputo e voluto affiancare mettendo loro a disposizione un progetto di più ampio profilo politico  che “stanno” sul territorio e che organizzano momenti di socialità e di vera politica in forme ora di confronto su temi d’interesse locale, ora di vertenzialità per gravi problemi collettivi, ora di formazione di base. La scommessa resta ancora quella d’individuare queste forme di democrazia “condivisa” e di collegarle in un progetto di più vasto respiro.
Resta interamente valido l’insegnamento del Programma partecipato (che fu anche di Rita Borsellino) che riuscì a mettere insieme soggettività individuali e gruppi organizzati sui principali temi che interessano la parte più avvertita della società (le politiche territoriali ed ambientali, quelle infrastrutturali, sanitarie, socio-assistenziali…) per poi provare a dare ad essi rappresentanza nel Parlamento Siciliano, nonché in alcune realtà comunali; significative iniziative pilota dunque, ma complessivamente insufficienti anche per il difetto organizzativo dell’Associazione, al quale va aggiunto lo scarso convincimento del gruppo dirigente ristretto – da sempre troppo ristretto! – di Unaltrastoria.
A questo punto, è necessario andare oltre lo sconcerto e la delusione, registrando, senza infingimenti, i contorni, gravi e dolorosi, del fallimento del tentativo di rinnovamento della società nato attorno alla figura di Rita Borsellino, senza, però, che tale riconoscimento implichi una definitiva rinuncia ai valori fondanti di quell’esperienza.
Benché sia irrealistico immaginare un’immediata ripresa di un ampio progetto di partecipazione politica sul territorio, che non può essere alle viste dopo la sostanziale dissoluzione dell’idea iniziale di Unaltrastoria (in questo sta l’eccezionale gravità e l’irresponsabilità di chi ha voluto questa repentina involuzione), è necessario continuare nell’autorganizzazione di gruppi di lavoro di natura partecipativa, territorialmente presenti e diffusi, e nel collegamento, il più possibile sistematico, fra tutte le realtà presenti – nelle varie forme già delineate – sul terreno dell’innovazione della politica.
Resta, dunque, per tutti coloro che hanno creduto – e che, nonostante tutto, continuano credere – che “un’altra storia” è possibile, il dovere di coltivare la determinazione per proseguire, seppur con altre forme, lungo un percorso di rinnovamento (quello oggi interrotto dalla inopinata scelta di Rita Borsellino) affinché l’idea della partecipazione “dal basso” continui a vivere come una “attiva ipotesi” di cambiamento di una società civile e politica profondamente in crisi. 
Giovanni Abbagnato, Salvatore Cernigliaro, Giancarlo Consoli, Sergio Di Vita, Giovanni Grasso, Barbara Grimaudo, Agostino Marrella, Daniela Pappalardo, Annibale Raineri, Nino Rocca, Giuseppe Sunseri, Maurizio 

Toscano, Fulvio Vassallo Paleologo

 

 

 

 

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