No, non ci sono “due parti”. E no, non è “l’occupazione”. E no, non è neanche che “non hanno una prospettiva politica”. Queste sono illusioni e false affermazioni che non serviranno ad abbassare il livello del terrorismo. Al contrario, ne incoraggeranno l’incremento. E il fatto che vi siano molti utili idioti, appartenenti ai circoli illuminati e progressisti del mondo, anche in Israele, che adducono delle giustificazioni al terrorismo, non dà ragione a tutte queste persone.
Non esiste una “spirale di violenza”. C’è una parte palestinese, che è filo-iraniana o jihadista, che non è per nulla interessata alla riconciliazione e alla pace, ma piuttosto alla distruzione dello stato ebraico. Il leggendario leader degli arabi di Palestina era un islamista nazista, il Mufti Haj Amin al Husseini, che predicava lo sterminio degli ebrei. La sua eredità continua a vivere. Hamas e Jihad sono suoi epigoni e proseguono sulle sue orme. L’incitamento all’odio contro gli ebrei continua. L’Unione Europa minaccia di fermare i finanziamenti, ma sono solo minacce.
E c’è poi un’altra parte, quella degli ebrei che, perseguitati in quasi tutti i paesi del mondo, fuggiti o espulsi dall’Europa e dai paesi arabi, hanno infine ottenuto il diritto all’autodeterminazione e hanno costituito uno stato. Il rifiuto arabo al compromesso e alla spartizione ha portato a una doppia nakba: sia palestinese sia ebraica. Nel corso degli anni del conflitto, gli ebrei hanno ripetutamente teso la mano per la pace, disposti a fare concessioni di vasta portata. La mano tesa è stata ripetutamente respinta, e quando i palestinesi preferiscono la jihad e il terrorismo, Israele deve rispondere. Quando gli americani uccisero il leader di al Qaida, Osama bin Laden, nessuno ha condannato “entrambe le parti”. Pertanto, ringrazio il Papa per aver condannato la violenza nel suo discorso settimanale della domenica. Ma tutta la violenza appartiene alla parte che sostiene il terrorismo, che educa i suoi figli all’odio, che si identifica in messaggi di antisemitismo e razzismo.
I tre civili israeliani uccisi dall’attentato palestinese di venerdì 10 febbraio. Il problema non è mai stato una “prospettiva politica” o una “speranza di una vita migliore”, perché gli esecutori del terrorismo, chi li manda, chi li sostiene, chi li incoraggia non vogliono alcuna prospettiva politica e alcuna speranza di una vita migliore. Vogliono un mondo oscuro, fatto dai “Fratelli musulmani”. Dopotutto, il loro modello è il Mufti. E il loro ultimo leader, e quello di tutti i “Fratelli musulmani” nel mondo, è stato lo sceicco Yusuf Qaradawi, che rivolgeva ai musulmani l’appello a “completare l’opera di Hitler”. I suoi discepoli sono coloro che controllano la programmazione della televisione palestinese, dove continua la chiamata allo sterminio degli ebrei.
Vogliamo allora dire che il problema è l’occupazione? Quando masse di giovani dall’Europa, centinaia o migliaia da ogni paese, hanno lasciato la “sentina di vizi” occidentale per unirsi allo Stato Islamico non è stato per via dell’occupazione o per una “prospettiva politica”. Tra loro c’erano medici, ingegneri e professionisti. Hanno subìto il lavaggio del cervello attraverso i social network, attraverso i predicatori nelle moschee, attraverso un canale di incitamento come Al-Jazeera. Alcuni di loro si sono cimentati nelle decapitazioni. “La più grande minaccia per gli Stati Uniti è il Regno Unito”, scrisse la rivista New Republic quando emerse l’entità del sostegno dei giovani musulmani ad al Qaida nel Regno Unito. Era il 2006. L’articolo accese un dibattito. Quando, in seguito, migliaia di britannici si offrirono volontari per l’Isis, divenne chiaro che questi numeri non erano solo opinioni e sondaggi. E quando l’esercito americano si mobilitò per sconfiggerli, nessuno disse che “la spirale di violenza deve essere fermata”. Esattamente come, nel caso in cui vi siano un stupratore e una donna violentata, nessuna persona normale direbbe che “deve essere fermata la spirale di violenza tra di loro”. Coloro che preferiscono la jihad alla pace e alla riconciliazione: loro sono il problema, anche se vengono dipinti come la parte debole. Coloro che rifiutano tutte le proposte della comunità internazionale per togliere il blocco alla striscia di Gaza e preferiscono i razzi al welfare: loro sono il problema.
Finché non si inizia a parlare di Israele. A quel punto, la follia tocca nuove vette. Il canale Al-Jazeera dei Fratelli Musulmani e la BBC hanno entrambe pubblicato lo stesso titolo: “Nove palestinesi uccisi a Jenin”. Questo è lavaggio del cervello. Perché a Jenin sono stati uccisi nove jihadisti, oltre a una donna che purtroppo si è trovata nel fuoco incrociato. Progettavano di effettuare un attacco terroristico contro Israele, che ha reagito con un attacco preventivo. Il New York Times è andato persino oltre, affermando che le uccisioni sono state un risultato del nuovo governo di destra. Il precedente governo forse non operava a Jenin? E il governo americano non combatte la jihad? Il linguaggio utilizzato determina l’effetto nella mente del pubblico.
Israele è una democrazia e, dopo tutto, ci sono anche degli israeliani che diffondono la propaganda di bugie e giustificazioni a servizio del terrorismo. La maggior parte delle volte hanno buone intenzioni. Vogliono aiutare i deboli, adoperarsi per una soluzione pacifica. Ma nessuno può esimersi dai fatti. E quando i fatti basilari vengono ignorati, l’impatto nella mente del pubblico ne è determinato di conseguenza. Sui media internazionali questa viene ritenuta un’ulteriore aggressione israeliana nel contesto dell’occupazione, e i poveri palestinesi sono costretti a rispondere con la loro follia omicida.
Solo pochi giorni fa c’è stato un attentato terroristico suicida in una moschea nella città di Peshawar, in Pakistan. Musulmani hanno ucciso altri musulmani. Almeno 92 morti, numeri destinati a crescere. Il vero nemico dei musulmani e dei palestinesi è il terrorismo, la Jihad e Hamas, e non chi li combatte. Questo non vuol dire che tutto ciò che l’Occidente ha fatto nell’ambito della guerra al terrorismo sia giustificato. E non è neanche necessario giustificare ogni soldato israeliano, uno su cento, che faccia del male a un palestinese senza giustificazione, né la creazione di avamposti (in Cisgiordania ndr) che non fanno altro che recar danno alla sicurezza. Ma non si deve mai dimenticare: la guerra di Israele contro terrorismo, Hamas e Jihad è una lotta necessaria e legittima. Non bisogna rinunciarvi a causa della follia che fornisce loro scuse e giustificazioni.
Ben-Dror Yemini