Gli accordi tra Libano e Israele sono stati salutati da tutti come una vittoria. Il presidente libanese Aoun che ha sottoscritto l’accordo ha voluto sottolineare che non cambia nulla politicamente con Israele e quindi il paese rimane formalmente in guerra con lo stato ebraico.
Hezbollah canta vittoria e vanta il merito di aver spinto Gerusalemme all’accordo per evitare una guerra che comunque rimane sempre possibile.
Hassan Nasrallah ha dichiarato trionfalmente che questo accordo è “una grande vittoria per il Libano, il Paese, il suo popolo e la resistenza”.
Da parte Israeliana, il primo ministro Lapid si autocelebra e afferma che questo accordo garantirà sicurezza al paese.
Non ha tutti i torti. Anche se il Libano rimane formalmente un paese ostile non c’è dubbio che con l’accordo Beirut “riconosce” l’esistenza politica di Israele e il suo diritto di esistere.
Non si firma un accordo se non si riconosce la controparte. Quindi, un piccolo passo che potrebbe avere sviluppi nel medio e lungo termine sempre ammesso che il governo libanese si sbarazzi dell’ingombrante peso di Hezbollah e disarmi tutte le milizie che nel sud hanno costituito uno stato nello stato.
Un’impresa che Aoun non intende intraprendere. Infatti ha chiarito al mondo che non ha alcuna intenzione di disarmare i terroristi di quindi non ha intenzione di ridare a Beirut il controllo del sud controllato politicamente, militarmente, economicamente e socialmente da Hezbollah.
Questo aspetto mette in chiaro alcuni aspetti della questione mediorientale che l’ONU fa finta di non vedere. Ovvero, che non c’è differenza tra la politica libanese fortemente corrotta e i terroristi di Hezbollah. Ambedue, come ha chiarito Aoun, sono solidali uno con l’altro nello sfruttare la comunità internazionale con la presenza di un contingente militare che opera come l’esercito della salvezza a favore del Libano.
Per quanto riguarda l’aspetto economico, Israele ha dalla sua l’estrazione del gas dal giacimento di karish mentre il Libano allo stato attuale ha solo un pezzo di carta in mano che non garantisce assolutamente nulla.
Infatti, non vi è ancora alcuna certezza che nel giacimento di Qana, di cui comunque Israele mantiene un terzo della proprietà, vi sia gas.
Alla fine dei giochi, l’accordo garantirebbe – il condizionale è d’obbligo – a Israele la tranquillità per le sue attività estrattive mentre Beirut dovrà attendere anni per sapere se avrà gas e se potrà estrarlo.