Semmai fosse stato necessario, la richiesta fatta dal presidente dal presidente “a vita” dell’Autorità Palestinese, Maḥmūd ʿAbbas, al POTUS durante la sua visita in Israele, dimostra come gli arabi palestinesi non vogliono la pace. Per loro la guerra continua fino alla “liberazione”, ovvero, la cancellazione dello stato di Israele.
Secondo quanto riferisce il canale televisivo ufficiale dell’AP, Abbas ha dichiarato che “Dopo 74 anni di nakba (la catastrofe) di espulsione e di occupazione, non è forse giunto il momento che questa occupazione finisca, che il nostro popolo, che è fermo, raggiunga la sua libertà e la sua indipendenza e che i desideri dei nostri giovani uomini e donne si realizzino in un futuro promettente senza occupazione?”.
Secondo Abbas, la strada per la liberazione inizia con la fine dell’occupazione israeliana della nostra terra, la terra dello Stato di Palestina, con Gerusalemme Est come sua capitale, sui confini del 1967.
La doppiezza del messaggio è chiaro, da una parte parla di occupazione da 74 anni anni e definisce la nascita di Israele come una catastrofe, dall’altra , parla falsamente di confini del ’67 anche se Abbas sa bene che i confini prima del ’67 erano con la Giordania che aveva occupato dopo il 1945 tutta l’area della Giudea, della Samaria e Gerusalemme est.
Per Abbas, la creazione di uno Stato palestinese comprendente la Giudea-Samaria, Gaza e Gerusalemme est è solo propaganda. L’irrealistico obiettivo è la distruzione di Israele.
Ma molto probabilmente gli arabi palestinesi vogliono continuare a vivere con il piede in due scarpe.
Ovvero, continuare la criminale guerriglia contro i civili israeliani per giustificare una supposta campagna di liberazione, dall’altra, vivere perennemente da rifugiati.
Questo status garantisce fiumi di denaro senza il bisogno di realizzare un futuro politico , economico e sociale.
Insomma, vivere perennemente con il “reddito di rifugiati”. D’altro canto sono 74 anni che vivono così, perché mai cambiare.
Ms