lunedì, Novembre 25, 2024
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Che succede all’interno della Croce Rossa italiana?

Succede che nel Corpo militare della Croce Rossa italiana, l’organizzazione ausiliaria delle Forze armate impegnata a fianco dei Corpo sanitario dell’Esercito nelle emergenze, non tutto sembra funzionare come dovrebbe.
Iniziamo con questa breve introduzione, cercando di dare ampia informazione, una inchiesta sul pianeta CRI, una delle poche – se non l’unica – amministrazione pubblica italiana in cui il personale non laureato può essere promosso dirigente, per la precisione ufficiale commissario e contabile. Merito di un regio decreto del 36 che prevede l’equipollenza tra una pubblicazione scientifica e il diploma di laurea. È una delle tante chicche contenute nella relazione sul Corpo militare della Cri stilata dai Servizi ispettivi di Finanza pubblica della Ragioneria generale dello Stato. Duecento e passa pagine scritte dall’ispettore Fabrizio Valenza sull’attività amministrativa e contabile delle truppe con la croce rossa sul braccio. Il dossier, già inviato alla Corte dei conti, evidenzia un interminabile illegittimità, inadempimenti e di interpretazioni ad uso proprio della normativa. Specie in materia di arruolamento del personale e di progressione delle carriere.
E’ chiaro sin dalle prime pagine la lenta trasformazione del corpo militare: da organizzazione volontaria sussidiaria delle Forze armate e della stessa Cri a struttura con personale di fatto stabile. In barba alla normativa istitutiva che, chiarisce l’ispettore, non prevede né «un ruolo del personale in servizio» né tantomeno «la fissazione di una pianta organica». Uno strumento, la pianta, in contrasto con la volontarietà e con la temporaneità dell’adesione alla Croce Rossa.
Accanto al personale richiamato per periodi di tempo limitati, infatti, si è costituito di fatto un personale a tempo indeterminato definito ‘(in servizio continuativo”. Militari, cioè, il cui contratto, dopo un periodo iniziale di prova, è stato sempre rinnovato. Ma non finisce qui. Al 31 dicembre 2007 solo 294 delle 877 unità in servizio continuativo erano impegnate nei servizi ausiliari delle Forze armate. Due terzi del personale, invece, risultava impiegato nei servizi civili di istituto o in attività dei Comitati centrale e periferici. In sostanza, osserva l’ispettore Valenza, tutti i vari richiami non sono serviti a garantire la capacità della Croce Rossa di fronteggiare le emergenze e le calamità, ad esempio le alluvioni o i terremoti, ma «a fornire personale per lo svolgimento di servizi convenzionati con amministrazioni pubbliche e organismi privati». Quali servizi? Soprattutto trasporto di infermi, pronto soccorso e attività nei centri di accoglienza per i profughi. La manodopera «più o meno qualificata» per lo svolgimento delle prestazioni convenzionate, prosegue il dirigente della Ragioneria generale, è stata assicurata tramite richiami di personale militare i cui oneri, a fronte di un accordo stipulato da un Comitato locale, «sono stati sostenuti in via principale a carico dei fondi del Comitato centrale». Valenza rincara la dose sottolineando, inoltre, la mancanza di motivazione dei precetti di richiamo, l’assenza dell’indicazione delle esigenze che hanno giustificato le autorizzazioni delle “assunzioni” a termine e, soprattutto, l’arruolamento di personale senza concorso. I precetti, infatti, sono atti discrezionali.

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