E’ avvilente constatare come la grancassa della solidarietà alle vittime del lavoro, messa sistematicamente in funzione dalla casta e da quanti girano ad essa intorno, questa volta, in occasione della morte del giovane Giuseppe Gatì, è rimasta in silenzio.
Nessuno, dal Presidente autonomista, all’assessore al lavoro o alla sanità, sempre solleciti a denunciare lo stato di insicurezza nei cantieri siciliani, e ad esprimere solidarietà ai parenti delle vittime, questa volta ha parlato. Neanche i sindacati sembra abbia preso posizione ed espresso solidarietà alla famiglia.
Zitti tutti, è morto solo un ragazzo, siciliano, che come tanti ha avuto il coraggio di contrastare il sistema di collusioni siciliano e di indicare quale pregiudicato, un ferrarese, voluto da un certo Pino Giammarinaro alla guida della città di Salemi, che dal nord pensa di venire in Sicilia a portare la lieta novella.
Il silenzio della casta e dei collusi ancora non individuati, è certamente gratificante per Giuseppe, e dimostra ancora una volta, semmai ce ne fosse stato bisogno, come la casta sia autorefenziale e chiusa.
Ma di Giuseppe Gatì, ce ne sono tanti ancora e la casta non può certo dormir sonni tranquilli.
Paradossalmente bisogna ringraziare la casta, i collusi e i pregiudicati di essere rimasti zitti perché così hanno mostrato tutto il senso della loro pochezza e della loro solitudine.