Stando ai sondaggi potrebbe riproporsi lo stallo di sei mesi fa (soprattutto intorno alla figura del premier uscente Netanyahu). Martedì prossimo gli israeliani voteranno per la seconda volta in meno di sei mesi, in una tornata elettorale che potrebbe vedere il primo ministro Benjamin Netanyahu vincere un quinto mandato record oppure assistere alla fine del suo decennio alla testa della politica israeliana.
Netanyahu si trova a fronteggiare nuove e formidabili sfide al suo ruolo di comando e, dopo il voto, possibili incriminazioni in tre casi di presunta corruzione. I sondaggi continuano a mostrare una gara testa-a-testa fra il partito di destra di Netanyahu, Likud, e la lista centrista Blu&Bianco guidata da Benny Gantz. E continuano a mostrare che nessuno dei due blocchi uscirà dal voto con la garanzia di poter formare una coalizione di maggioranza assoluta (61 seggi su 120).
Ecco dunque alcuni degli scenari possibili, in base ai presumibili esiti delle elezioni del 17 settembre.
Netanyahu ottiene il controllo della maggioranza dei seggi alla Knesset. In questo scenario, il Likud, e i tre partiti di destra e religiosi che hanno già dichiarato di sostenerlo (Yamina, Shas, Ebraismo Unito della Torà) eleggono almeno 61 parlamentari. In questo caso Netanyahu avrebbe relativamente pochi problemi a formare una coalizione simile a quella del governo uscente. Le più recenti mosse di Netanyahu, come la promessa di annettere quanto prima la Valle del Giordano, possono consolidare questo elettorato. D’altra parte – come ha scritto Ben-Dror Yemini su YnetNews – nessun elettore di sinistra o di centro penserà di spostare il suo voto sul blocco di destra e ortodosso per via di quella dichiarazione di Netanyahu”. Possibile sorpresa: gli ultimi sondaggi prevedono l’ingresso alla Knesset di 4 parlamentari del partito di estrema destra (“kahananista”) Otzma Yehudit: un potenziale, ma assai problematico, sostegno alla eventuale coalizione di destra.
La media dei più aggiornati sondaggi di Canale 12, Canale 13 e Kan News (nell’info-grafica interattiva di Ha’aretz – clicca per ingrandire)
Nessun chiaro vincitore e governo di unità nazionale guidato da Netanyahu. Dopo le elezioni, il presidente apre le consultazioni e conferisce l’incarico al politico che ha le migliori possibilità di formare un governo. Netanyahu ha avuto la sua opportunità dopo le scorse elezioni del 9 aprile, ma non è riuscito a creare una coalizione entro i 42 giorni prescritti (proroga compresa). Per evitare che il presidente Reuven Rivlin incaricasse qualcun altro, Netanyahu ha optato per lo scioglimento “super-anticipato” della Knesset. Se venisse nuovamente incaricato e si trovasse di nuovo in una situazione di stallo, Netanyahu potrebbe cercare partner fuori dal blocco dei partiti di destra e religiosi per formare un cosiddetto governo di “unità nazionale” con coloro che non sono suoi alleati naturali. Vale a dire, molto probabilmente, il suo più forte rivale: Benny Gantz, leader della lista centrista Blu&Bianco. Ma Gantz ha più volte affermato che, pur essendo disponibile a un governo d’unità nazionale con il Likud, non accetterà di entrare in un governo guidato da Netanyahu per via delle incombenti incriminazioni a suo carico. Ma la politica israeliana è notoriamente fluida, e sono sempre possibili mutamenti di alleanze.
Nessun chiaro vincitore e governo di centro-destra senza Netanyahu. Se Netanyahu dovesse di nuovo mancare l’obiettivo di formare un governo, il suo stesso partito potrebbe costringerlo a farsi da parte e aprire la strada a una coalizione di governo tra un Likud guidato da un altro leader e Blu&Bianco guidato da Gantz. Finora, tuttavia, nessun esponente del Likud ha avanzato una simile prospettiva, per lo meno pubblicamente. Ma le cose potrebbero cambiare se il veto dell’opposizione sulla persona di Netanyahu determinasse un nuovo irrisolvibile stallo.
Netta sconfitta di Netanyahu e governo di centro-sinistra. Se le formazioni di centro e di sinistra ottenessero almeno 61 seggi in parlamento, Gantz andrebbe a guidare un governo che includerebbe il suo partito Blu&Bianco, il partito laburista insieme a Gesher e il neo-formato Campo Democratico, ambientalista e laico (Meretz con Stav Shaffir ed Ehud Barak), senza bisogno di coalizzarsi con la destra. Sarebbe la prima volta dagli anni ’90 che si vedrebbe alla Knesset una maggioranza di centro-sinistra, ma finora i sondaggi non attribuiscono molte probabilità a un simile scenario. Nel caso dovesse effettivamente realizzarsi, si tradurrebbe verosimilmente in un significativo cambiamento delle politiche israeliane in campo diplomatico nonché nelle questioni interne sociali e religiose.
Nessun vincitore chiaro e nuove elezioni. Se nessun candidato potrà formare un governo, Israele dovrà andare a nuove elezioni anticipate. Ma è assai probabile che questa volta i parlamentari faranno tutto il possibile per evitare un tale scenario.
Chi sarà l’ago della bilancia? Secondo i sondaggi sarà Avigdor Liberman, l’ex ministro della difesa, leader del partito nazionalista e laicista Israel Beitenu con un forte insediamento elettorale nella folta comunità degli israeliani (ebrei e non ebrei) originari dell’ex Unione Sovietica. I sondaggi indicano che potrebbe raddoppiare i suoi seggi rispetto allo scorso aprile, passando da cinque a circa 10. Sulla scena politica israeliana Liberman è considerato un “battitore libero” che si è distinto in passato per prese di posizione piuttosto imprevedibili.
E i guai legali di Netanyahu? Il Procuratore generale Avichai Mandelblit, che ha preannunciato l’intenzione di incriminare Netanyahu su tre casi di presunta corruzione, dovrebbe annunciare l’incriminazione formale entro la fine del 2019, dopo un’audizione preliminare a ottobre durante la quale Netanyahu, che nega ogni addebito, avrà la possibilità di ribattere alle accuse. Nel frattempo la Knesset potrebbe varare a maggioranza una legge che garantisca l’immunità del primo ministro finché è in carica (sulla falsariga di una norma analoga relativa al presidente della repubblica francese). Alcuni dei suoi potenziali alleati hanno annunciato che appoggerebbero questa mossa, ma la cosa non potrebbe non suscitare forte clamore nell’opinione pubblica e sfide legali davanti alla Corte Suprema. Tuttavia, quand’anche venisse formalmente incriminato, tecnicamente Netanyahu non avrebbe l’obbligo giuridico di dimettersi dalla carica di primo ministro, né ci si aspetta che i suoi alleati di destra e religiosi lo costringerebbero a farlo. Ma in quel caso è all’interno del Likud che potrebbe aprirsi una accesa partita.
(Da: YnetNews, Associated Press, israele.net, 12.9.19)