Gli europei possono benissimo convivere con l’aspirazione iraniana (e palestinese) alla distruzione dello stato ebraico. Israele no.
(di Eldad Beck). Qualsiasi stolto può capire che l’Iran non intende cessare i suoi sforzi per acquisire un’arma nucleare. Ma l’Unione Europea e i suoi principali rappresentanti, Germania, Francia e Gran Bretagna, si rifiutano di capire. Dopo che l’Iran ha annunciato d’aver apertamente violato l’accordo nucleare del 2015, gli europei si sono accontentati di ridicole condanne ed espressioni di “profonda preoccupazione”. Erano “in attesa dei rapporti dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica” hanno spiegato, tra un a appello e l’altro all’Iran ad attenersi all’accordo: come se il regime di Teheran fosse paragonabile a un bambino capriccioso da redarguire agitando il ditino.
Di fronte a un Iran furbo e abile, gli europei si sono dimostrati deboli e privi di principi. E’ terribilmente paradigmatica la nomina del ministro degli esteri spagnolo Josep Borrell al ruolo di prossimo rappresentante della politica estera dell’Unione Europea. Si tratta dello stesso Borrell che ha spudoratamente dichiarato: “L’Iran vuole spazzare via Israele? Non è una novità. E’ una cosa con cui dobbiamo convivere”. In altri termini, secondo Borrell, dal punto di vista dell’Unione Europea la volontà di annientare Israele è un fatto accettabile.
Questa, in poche parole, è la sintesi della diplomazia europea nei confronti dell’Iran: capitolazione allo scopo di promuovere rapporti economici.
Tutti i discorsi europei sulla necessità di rispettare gli accordi internazionali sono parole vuote. Sin dall’inizio era chiaro agli europei, come alla Casa Bianca sotto il presidente Barack Obama, che l’accordo sul nucleare non mirava a porre fine in modo assoluto ai piani dell’Iran per dotarsi di armi nucleari, ma solo a ritardare la loro attuazione (concedendo intanto all’Iran le ingenti risorse finanziarie con cui porta avanti programmi missilistici e guerre per interposti terroristi, tutte minacce non contemplate dall’accordo ndr).
L’Unione Europea ha ideato un meccanismo per aggirare le sanzioni statunitensi, ben sapendo che si trattava di un vano esercizio diversivo che di certo non avrebbe soddisfatto gli iraniani. Poi, alla luce l’ultimatum iraniano, gli europei hanno avuto l’opportunità di mostrare determinazione e schierarsi a fianco degli Stati Uniti dichiarando inequivocabilmente che la violazione dell’accordo sul nucleare avrebbe fatto scattare la re-imposizione automatica delle sanzioni internazionali sull’Iran, come previsto dall’accordo stesso.
Ma anche dopo che Teheran ha ufficialmente annunciato d’aver violato l’accordo, gli europei hanno continuato a balbettare, cercando scappatoie che consentissero loro di non agire: il presidente francese Emmanuel Macron potrebbe presto volare a Teheran per cercare di convincere gli iraniani a fermare le violazioni. Il ministro degli esteri tedesco Heiko Maas è già stato in Iran un paio di settimane fa con lo stesso scopo, senza successo. In alternativa, gli europei hanno dichiarato di volere attivare i meccanismi di controllo congiunto che hanno con l’Iran nel tentativo di continuare a prendere tempo, attività in cui eccellono.
Il fallimentare accordo sul nucleare iraniano è considerato il fiore all’occhiello dell’azione diplomatica europea, il più grande successo della sua diplomazia. Il modo in cui l’accordo si è dissolto dovrebbe insegnarci un paio di cose sulla rilevanza degli europei. Una lezione da tenere ben presente in particolare quando torneranno a fare pressione su Israele perché accetti tutte le concessioni che loro ritengono indispensabili: come a loro non danno realmente fastidio gli appelli del regime iraniano alla distruzione di Israele, allo stesso modo non si preoccupano quando sono i palestinesi ad auspicare l’annientamento dello stato ebraico. Loro ci possono convivere benissimo. Noi no.
(Da: Israel HaYom, 8.7.19)