(Di Justin Amler) L’Onu – un’organizzazione ipocrita ed eticamente defunta, che pensa di poter dare lezioni morali a tutti – ha detto che una nuova guerra a Gaza sarebbe stata una “tragedia inimmaginabile”. Proprio così: “una tragedia inimmaginabile”. E ancora una volta ha sbagliato su quale sia esattamente la tragedia. Giacché la vera tragedia è ciò che sta avvenendo a Gaza da 13 anni.
Nel 2005 Israele lasciò Gaza sgomberando tutti i soldati e tutti i civili, sradicando persone e famiglie che vi abitavano e lavoravano da una vita. Andandosene, Israele lasciò nella striscia di Gaza un bel patrimonio di impianti che avrebbe potuto dare agli arabi del posto la possibilità di fare qualcosa di buono della loro vita. Israele offrì loro la possibilità di costituire un’entità largamente indipendente, e la possibilità di disegnare il proprio destino. Israele lasciò loro varie strutture, a cominciare da imprese di successo d’agricoltura in serra, con colture già avviate all’esportazione. Ma invece di cogliere l’occasione d’oro che gli si offriva – l’occasione di esercitare un’autodeterminazione che nessuno dei “fratelli arabi” aveva mai offerto loro – essi decisero di non coglierla. Invece di lavorare nelle serre, le saccheggiarono. Portarono via tutto: tubi di irrigazione, pompe per l’acqua, coperture in plastica. Invece di abitare nelle case degli ex-insediamenti ebraici, le depredarono. I denari e i materiali che vennero generosamente riversarti nella striscia di Gaza, e che erano destinati ad aiutare i residenti arabi a diventare un modello di successo per il supposto sogno arabo di un ulteriore stato arabo indipendente, finirono invece per finanziare un incubo. Nei 13 anni da quando Israele se n’è andato, tutti gli sforzi degli arabi a Gaza, sotto la dittatura criminal-terroristica che vi prese il potere, non hanno mai riguardato il futuro, non sono mai stati dedicati a costruire una vita migliore, non sono mai stati centrati sull’aiutare la propria gente. Non hanno mai riguardato lo sforzo di creare un futuro di speranza, opportunità, aspirazioni.
È stato esattamente il contrario. La struttura di speranza che si sarebbe dovuta costruire venne sostituita con la struttura dell’odio. Le menti dei migliori ingegneri, anziché essere focalizzate sulla costruzione di vitali infrastrutture civili come centrali idriche ed elettriche, sono state cinicamente indirizzate alla costruzione di razzi e gallerie, tutte progettate al solo scopo di seminare le morte su uomini, donne e bambini. Hanno costruito esclusivamente per uccidere.
La tragedia non è se arriva una guerra, perché la guerra c’è già: quella di Gaza contro se stessa. La tragedia è che i miliardi di dollari che gli arabi di Gaza hanno ricevuto, tutto il sostegno e le speranze e la volontà di gran parte del mondo di vedere il loro successo, sono stati sperperati: non da una cattiva gestione, bensì dal deliberato obiettivo nazionale di puntare tutto sulla distruzione dell’unico stato ebraico sulla Terra. Quanti ospedali, quante scuole e università avrebbero potuto essere costruiti? Quanti centri di eccellenza della scienza e dello sviluppo avrebbero potuto fiorire? Quante opportunità si sarebbero potute offrire e quanti sogni si sarebbero potuti realizzare? Ma nulla di tutto questo si avvererà perché per quei capi arabi, il futuro non è determinato su ciò che possono costruire, ma solo da ciò che possono distruggere.
Nel frattempo, i razzi hanno continuato a cadere su persone innocenti nelle comunità meridionali d’Israele, e si è continuato a scavare tunnel per infiltrare terroristi sotto alle case dove dormono i bambini. Bambini cresciuti con l’idea che sia normale avere pochi secondi per correre nei rifugi, sapendo che quei pochi secondi possono fare la differenza tra la vita e la morte. Ecco la vera tragedia. La guerra non è una “tragedia inimmaginabile”, come sembrano pensare le Nazioni Unite. La guerra è il risultato ovvio e inevitabile quando a un’entità terrorista viene permesso di svilupparsi senza ammonimenti né conseguenze. Dov’era la comunità internazionale in tutti questi ultimi 13 anni? Dove sono le condanne di ciò che stavano facendo i capi di Hamas? Del modo in cui nascondevano i razzi sotto le scuole finanziate dai paesi donatori, del modo in cui hanno usato intenzionalmente e cinicamente i civili come carne da macello alla barriera di confine con Israele, del modo in cui hanno minacciato e intimidito persino la stampa e il personale delle Nazioni Unite? Dove sono gli appelli del Segretario Generale dell’Onu alla “moderazione” quando quelli costruivano i loro tunnel del terrore, giorno dopo giorno e notte dopo notte? E dov’erano responsabilità e controlli quando i fondi della comunità internazionale destinati alla ricostruzione diventavano investimenti di morte impiegati per la distruzione? Le cose non cambieranno fino a quando intere generazioni non saranno educate alla pace anziché indottrinate alla guerra; finché nessuno sarà mai chiamato a subire conseguenze per la costruzione di strutture terroristiche.
Nessuna persona razionale vuole la guerra, ma qui non abbiamo a che fare con persone razionali. Abbiamo a che fare con un’organizzazione terroristica spietata che non si fermerà, indipendentemente da quanto si cerchi di blandirla, indipendentemente da quanti soldi le si daranno. La mia gente è sotto attacco da parte di forze oscurantiste che non possono essere placate e con cui non è possibile ragionare. Egiziani e altri attori internazionali si adoperano furiosamente per una tregua di lungo periodo, ma non ci può essere una tregua di lungo periodo con il male, perché il male aspetta solo nell’ombra per ricominciare. La vera tragedia è che si siano lasciate arrivare le cose a questo punto.
(Da: jns.org, 13.11.18)
L’Onu – un’organizzazione ipocrita ed eticamente defunta, che pensa di poter dare lezioni morali a tutti – ha detto che una nuova guerra a Gaza sarebbe stata una “tragedia inimmaginabile”. Proprio così: “una tragedia inimmaginabile”. E ancora una volta ha sbagliato su quale sia esattamente la tragedia. Giacché la vera tragedia è ciò che sta avvenendo a Gaza da 13 anni.
Nel 2005 Israele lasciò Gaza sgomberando tutti i soldati e tutti i civili, sradicando persone e famiglie che vi abitavano e lavoravano da una vita. Andandosene, Israele lasciò nella striscia di Gaza un bel patrimonio di impianti che avrebbe potuto dare agli arabi del posto la possibilità di fare qualcosa di buono della loro vita. Israele offrì loro la possibilità di costituire un’entità largamente indipendente, e la possibilità di disegnare il proprio destino. Israele lasciò loro varie strutture, a cominciare da imprese di successo d’agricoltura in serra, con colture già avviate all’esportazione. Ma invece di cogliere l’occasione d’oro che gli si offriva – l’occasione di esercitare un’autodeterminazione che nessuno dei “fratelli arabi” aveva mai offerto loro – essi decisero di non coglierla. Invece di lavorare nelle serre, le saccheggiarono. Portarono via tutto: tubi di irrigazione, pompe per l’acqua, coperture in plastica. Invece di abitare nelle case degli ex-insediamenti ebraici, le depredarono. I denari e i materiali che vennero generosamente riversarti nella striscia di Gaza, e che erano destinati ad aiutare i residenti arabi a diventare un modello di successo per il supposto sogno arabo di un ulteriore stato arabo indipendente, finirono invece per finanziare un incubo. Nei 13 anni da quando Israele se n’è andato, tutti gli sforzi degli arabi a Gaza, sotto la dittatura criminal-terroristica che vi prese il potere, non hanno mai riguardato il futuro, non sono mai stati dedicati a costruire una vita migliore, non sono mai stati centrati sull’aiutare la propria gente. Non hanno mai riguardato lo sforzo di creare un futuro di speranza, opportunità, aspirazioni.
È stato esattamente il contrario. La struttura di speranza che si sarebbe dovuta costruire venne sostituita con la struttura dell’odio. Le menti dei migliori ingegneri, anziché essere focalizzate sulla costruzione di vitali infrastrutture civili come centrali idriche ed elettriche, sono state cinicamente indirizzate alla costruzione di razzi e gallerie, tutte progettate al solo scopo di seminare le morte su uomini, donne e bambini. Hanno costruito esclusivamente per uccidere.
La tragedia non è se arriva una guerra, perché la guerra c’è già: quella di Gaza contro se stessa. La tragedia è che i miliardi di dollari che gli arabi di Gaza hanno ricevuto, tutto il sostegno e le speranze e la volontà di gran parte del mondo di vedere il loro successo, sono stati sperperati: non da una cattiva gestione, bensì dal deliberato obiettivo nazionale di puntare tutto sulla distruzione dell’unico stato ebraico sulla Terra. Quanti ospedali, quante scuole e università avrebbero potuto essere costruiti? Quanti centri di eccellenza della scienza e dello sviluppo avrebbero potuto fiorire? Quante opportunità si sarebbero potute offrire e quanti sogni si sarebbero potuti realizzare? Ma nulla di tutto questo si avvererà perché per quei capi arabi, il futuro non è determinato su ciò che possono costruire, ma solo da ciò che possono distruggere.
Nel frattempo, i razzi hanno continuato a cadere su persone innocenti nelle comunità meridionali d’Israele, e si è continuato a scavare tunnel per infiltrare terroristi sotto alle case dove dormono i bambini. Bambini cresciuti con l’idea che sia normale avere pochi secondi per correre nei rifugi, sapendo che quei pochi secondi possono fare la differenza tra la vita e la morte. Ecco la vera tragedia. La guerra non è una “tragedia inimmaginabile”, come sembrano pensare le Nazioni Unite. La guerra è il risultato ovvio e inevitabile quando a un’entità terrorista viene permesso di svilupparsi senza ammonimenti né conseguenze. Dov’era la comunità internazionale in tutti questi ultimi 13 anni? Dove sono le condanne di ciò che stavano facendo i capi di Hamas? Del modo in cui nascondevano i razzi sotto le scuole finanziate dai paesi donatori, del modo in cui hanno usato intenzionalmente e cinicamente i civili come carne da macello alla barriera di confine con Israele, del modo in cui hanno minacciato e intimidito persino la stampa e il personale delle Nazioni Unite? Dove sono gli appelli del Segretario Generale dell’Onu alla “moderazione” quando quelli costruivano i loro tunnel del terrore, giorno dopo giorno e notte dopo notte? E dov’erano responsabilità e controlli quando i fondi della comunità internazionale destinati alla ricostruzione diventavano investimenti di morte impiegati per la distruzione? Le cose non cambieranno fino a quando intere generazioni non saranno educate alla pace anziché indottrinate alla guerra; finché nessuno sarà mai chiamato a subire conseguenze per la costruzione di strutture terroristiche.
Nessuna persona razionale vuole la guerra, ma qui non abbiamo a che fare con persone razionali. Abbiamo a che fare con un’organizzazione terroristica spietata che non si fermerà, indipendentemente da quanto si cerchi di blandirla, indipendentemente da quanti soldi le si daranno. La mia gente è sotto attacco da parte di forze oscurantiste che non possono essere placate e con cui non è possibile ragionare. Egiziani e altri attori internazionali si adoperano furiosamente per una tregua di lungo periodo, ma non ci può essere una tregua di lungo periodo con il male, perché il male aspetta solo nell’ombra per ricominciare. La vera tragedia è che si siano lasciate arrivare le cose a questo punto.
(Da: jns.org, 13.11.18)