La dichiarazione di Lieberman “conosciamo le persone coinvolte nella produzione di missili” contiene un chiaro messaggio: gli iraniani che armano il Libano sono nel mirino di Israele
(di Yossi Yehoshua)
Il fronte nord è apparentemente calmo, senza incidenti insoliti. Apparentemente. Sotto la superficie, tuttavia, la lava ribolle e le tensioni sono al massimo. Come agirà Israele contro le fabbriche di missili ad alta precisione che l’Iran sta costruendo in Libano per Hezbollah?
Il ministro della difesa israeliano Avigdor Lieberman, che ha parlato lunedì di questo problema, ha spiegato che la costruzione delle fabbriche può essere impedita, e non necessariamente mediante bombardamenti. “Posso affermare con chiarezza – ha detto Lieberman – che siamo determinati ad impedire all’Iran di trincerarsi in Siria. E che siamo a conoscenza dei siti per la produzione di missili in Libano, e conosciamo le persone coinvolte nella produzione di questi missili. A proposito del Libano – ha continuato – stiamo usando tutte le leve diplomatiche, e altre, per prevenire la produzione di missili, e l’ultima cosa che desideriamo è entrare in una terza guerra in Libano. Penso che abbiamo ancora a disposizione abbastanza misure, abbastanza possibilità, e stiamo facendo ricorso fino in fondo a tutte le opzioni. Siamo determinati a impedire che il Libano diventi un’unica grande fabbrica per la produzione di missili guidati ad alta precisione”.
Dunque, com’è che Israele si sta adoperando per impedire tale sviluppo? Ad un primo stadio, esaurirà probabilmente tutte le possibili misure diplomatiche con tutti gli attori in campo, a partire dai russi. Se questo non dovesse funzionare, come sembra probabile, Israele troverà presumibilmente altri modi creativi per impedire al Libano di trasformarsi in una fabbrica di missili iraniani. Domenica scorsa il portavoce delle Forze di Difesa israeliane ha firmato un insolito editoriale sui siti web dell’opposizione libanese, in cui avvertiva Hezbollah e Iran, gli abitanti del sud del Libano “seduti su una polveriera” e la comunità internazionale che un eventuale attacco a Israele porterebbe a una pericolosa deflagrazione.
Lunedì, Lieberman ha sostanzialmente alzato il livello della minaccia inviando un chiaro avvertimento personale, pur senza fare nomi, agli iraniani considerati responsabili di armare il Libano: come dire, in pratica, che d’ora in poi sono nel mirino d’Israele.
Sempre lunedì, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è volato a Mosca a incontrare il presidente russo Vladimir Putin per trasmettergli un messaggio analogo. Accompagnata dal direttore dell’intelligence militare Herzl Halevi, la delegazione israeliana ha presentato a Putin le informazioni sul Libano che indicano come l’Iran stia aiutando Hezbollah a trasformare i suoi missili “stupidi” in missili guidati ad alta precisione con lo scopo di colpire obiettivi strategici in Israele.
La logica operativa degli iraniani si basava sul presupposto che la costruzione di fabbriche in Libano li avrebbe messi al riparo da raid israeliani giacché Israele finora non ha attaccato in Libano, a differenza che in Siria. Finora. Se fosse costretto ad attaccare in Libano, il capo di Hezbollah Hassan Nasrallah potrebbe rispondere e provocare la deflagrazione.
Con tutta evidenza Israele preferirebbe che la comunità internazionale intervenisse per fermare la costruzione delle fabbriche di missili iraniane. Intanto bisognerà aspettare e vedere come risponderà Putin. Sebbene le sue possibilità di premere sull’Iran siano limitate rispetto alla Siria, Putin ha ancora il potere di influenzare gli iraniani al fine di calmare i venti di guerra che soffiano dal Libano. E gli altri membri e organismi della comunità internazionale?