Alla fine il Carabiniere De Pasquale, ora in “pensionamento forzato” , sbotta. Stanco di chiedere giustizia attraverso le istituzioni e stanco di non aver mai ottenuto alcuna risposta ai suoi continui appelli ai vari comandi dell’Arma, a financo al Presidente della Repubblica, il carabiniere De Pasquale di Marsala, apre al mondo civile quello che a suo parere è il mondo chiuso dell’arma dei Carabinieri, fatto di mobbing, anche di persone colluse con la delinquenza, e di colpevoli silenzi a tutti i livelli. Secondo De Pasquale, nell’Arma il mobbing può avere inizio per un non nulla e si manifesterebbe inesorabilmente rendendo la vita del mobbizzato impossibile fino alla “soluzione finale” che vuol significare l’estromissione dall’Arma.
Il Mobbing è una condotta posta in essere da una o più persone, anche non preventivamente concordata, attraverso varie forme di prevaricazione che mirano ad eliminare la vittima dall’ambiente lavorativo in cui essa opera. dal momento in cui la persona viene presa di mira per un motivo qualsiasi, “riceve” il marchio di indesiderato e le prevaricazioni e le vessazioni si sviluppano con certosina precisione quasi in modo automatico e molte volte viene applicato per “difendere” sistemi, privilegi e caste. Il mobbing nel mondo lavorativo viene sistematicamente attuato a tutti i livelli senza distinzioni di responsabilità e ogni mezzo, lecito e illecito, viene utilizzato per lo scopo e nessuno interviene per impedirlo. E’ quasi una regola non scritta che riporta alla mente il “codice rosso” dei marines.
In una lunga intervista registrata che sarà messa on line a Gennaio, De Pasquale fa risalire al 1985 le sue asserite disgrazie all’interno dell’Arma, quando, in servizio a Trapani, distaccato alla sicurezza della sede della Banca d’Italia del capoluogo trapanese, si accorse che i responsabili sottufficiali che avevano l’obbligo di “effettuare” il cambio dei militari di guardai all’interno della banca, avevano duplicato le chiavi per evitare, secondo De Pasquale ma anche secondo il Tribunale che ha condannato due dei tre graduati, di recarsi al cambio e lasciare le copie ai militari che liberamente e senza il responsabile effettuano i cambi.
Di questo fatto il De Pasquale ne informò subito i comandanti e contemporaneamente mise in busta sigillata le chiavi originali della banca che consegnò al direttore.
Da quel momento l’odissea. Dopo qualche tempo viene trasferito a Palermo e assegnato al nucleo radiomobile “scorta magistrati”. A quel tempo , secondo De Pasquale, considerato un servizio punitivo per i militari scomodi.
Tra un trasferimento e l’altro asserisce di essere stato sottoposto ad una serie infinita di vessazioni e di ben quattro procedimenti penali tutti risoltisi con l’assoluzione per non aver commesso il fatto o per insussistenza del fatto. Ancora oggi secondo De Pasquale, non gli viene riconosciuto dall’Arma il diritto a percepire il rimborso per le spese legali previsto da una legge dello stato, per i procedimenti subiti quando era in servizio e da cui come detto ne è uscito assolto.
Anche nella vita privata il carabiniere avrebbe avuto pressioni ed intromissioni finalizzate secondo il racconto, a distruggere non solo lui ma anche la sua famiglia. E’ stato anche punito per una motivazione inesistente e che riguardava la sua vita privata. Secondo la motivazione della punizione, il De Pasquale si era dimostrato persona poco corretta e inaffidabile per non aver pagato regolarmente le rate di un mutuo presso il Banca di Sicilia di Marsala. Notizia giunta al Comando di Mazara dalla Stazione CC di Petrosino (Marsala) il quale comandante l’avrebbe ricevuta per telefono da un non meglio identificato impiegato della banca in questione. Al di là del fatto che la notizia si è dimostrata non veritiera, il fatto che sia stato punito un militare per “asserite” informazioni verbali lascia perplessi e malgrado le prove “provate” contrarie, la punizione non gli sarebbe stata tolta.
Minacce esplicite da parte di qualche comandante del tipo “un giorno o l’altro ti mando in galera” secondo De Pasquale facevano parte della sua vita quotidiana di servitore dello stato colpevole, nel lontano 1985, di aver fatto il proprio dovere denunciando le malefatte di alcuni suoi comandanti.
La soluzione finale secondo De Pasquale, un tranello appositamente preparato per poterlo cogliere in flagranza di reato. Una telefonata anonima lo fa accorrere presso una abitazione per proteggere una donna in pericolo dove, secondo il suo racconto, qualcuno dei suoi comandanti lo doveva trovare per accusarlo di “aggressione” alla donna che avrebbe dovuto proteggere.
Stanco e sfiduciato si è visto costretto a chiedere le dimissioni e da quel momento, inutilmente, chiede giustizia.
I nomi, le circostanze e i riferimenti anche giudiziari sono precisi e fanno parte di una lunga intervista registrata che sarà pubblicata integralmente nella prima decade di gennaio 2009 e copia in DVD, sarà inviata al Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, alla Procura della Repubblica di Militare di Marsala, al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al Ministro della Difesa.