Come ormai tristemente noto, il precario è la condizione che vivono quelle persone che hanno una situazione lavorativa, che presenta due fattori di insicurezza: mancanza di continuità lavorativa, relativa carenza di un reddito adeguato, per cui diventa problematico pianificare la propria vita futura.
Il precariato in Italia comprende alcune di tipologie ad-hoc di contratti:
part-time, contratti a termine, co.co.co (contratto di collaborazione continua). Gli schemi contrattuali dei precari sono caratterizzati da forme di discriminazione rispetto alla durata, alla copertura assicurativa,ai diritti, al compenso e al trattamento previdenziale, in pratica è la limitazione dei diritti dei lavoratori dentro il calderone del mercato del lavoro.
Essere precari significa non mettere, nella stragrande maggioranza dei casi, a frutto il proprio titolo di studio, la propria competenza acquisita, dequalificando economicamente il proprio profilo personale, nella pratica quelli che si presentano come contratti di collaborazione risultano lavori sottopagati , subordinati con un continuo controllo dei superiori rispetto all’orario e alle prestazioni, dove, soprattutto i giovani, pur di ottenere il primo impiego accettano condizioni capestro che quasi mai si trasformano in assunzioni a tempo indeterminato.
Le ricadute su questi lavoratori atipici non sono solamente economici ma anche di salute; da uno studio pubblicato “dall’Agenzia Europea per la sicurezza e al salute sul lavoro” si evidenzia che il lavoratore precario è più esposto rispetto al lavoratore a tempo indeterminato, a rischi sulla salute, non solo sotto il profilo direttamente imputabile alla sicurezza sui luoghi di lavoro (occupazioni più rischiose,scarsa informazione lavorativa su salute e sicurezza, esclusione dai tavoli sindacali per la contrattazione decentrata), ma l’accumularsi di questi contratti a termine comporta insicurezza, marginalizzazione sociale, stress, ansia da depressione lavorativa che può arrivare anche al bullismo o alle molestie soprattutto per le donne sul luogo di lavoro,
Come si snoda il precariato in Sicilia ? Sicuramente è molto più radicato, visto che la nostra isola, da decenni terra di frontiera soprattutto nel mercato del lavoro, ha istituzionalizzato il precariato, nelle istituzioni pubbliche meramente per fini elettorali nel passato e oggi date le ristrettezze economiche, per abbattere i costi del lavoro.
La riforma del mercato del lavoro permette anche agli enti pubblici di avvalersi di contratti atipici, quindi negli ultimi anni sono proliferati i rapporti di lavoro precari in maniera istituzionalizzata.
Il Comune di Catania ha attinto allegramente tra gli ex articolisti figure professionali competenti assegnandogli mansioni di livello basso con relativa retribuzione per poi se è il caso usarli nelle mansioni superiori, ma non solo, adducendo problemi di bilancio nel 2004 non ha stabilizzato coloro che avendone i titoli potevano accedere a livelli superiore dell’amministrazione, per di più attribuendo a questa categoria discriminata di lavoratori oltre il danno la beffa non assorbendoli a tempo indeterminato ma tenendoli nel limbo con contratti quinquennali.
Agata da Catania 40 anni, prima articolista nelle cooperative poi in altre strutture pubbliche sceglie il comune nei primi anni del 2000 credendo che finalmente l’assillo della ricerca di una stabilità fosse finito invece si ritrova “precaria istituzionalizzata ” vede che altri ex colleghi sono stati assorbiti da gli enti di appartenenza (vedi provincia di Catania) e “dopo oltre venti anni di precariato mi ritrovo con pochi anni di contributi versati, per lo più di poco valore, ma quando andrò in pensione sarò ancora precaria, oppure finalmente mi si riconoscerà uno status di stabilità”.
Giovanni da Ragusa 33 anni, co.co.co. da quattro anni presso l’università: , ” i rapporti con i colleghi strutturati sono pessimi, ci imputano la colpa che togliamo risorse per il loro straordinario, non siamo difesi dai sindacati che non ci riconoscono lo status di precario, per loro i precari sono altri non noi visto, che non abbiamo una busta paga da dove prendere la ritenuta sindacale, questo mi provoca frustrazione e problemi della sfera sessuale”.
Il contratto co.co.co è un contratto atipico, nell’ente pubblico, dove secondo lo spirito della legge, i contrattisti dovevano svolgere il progetto come dei liberi professionisti, mentre nella realtà hanno l’obbligo della presenza, non hanno diritto a ferie, tranne per gentile concessione del capo ufficio, annullabili in qualsiasi momento, ed il livello contributivo è pari alla pensione sociale, senza contare che è assolutamente impossibile chiedere un prestito in banca, visto la mancanza di garanzie reddituali.
Un lavoratore precario della N.U. del comune di Marsala si sfoga “nel 2005 l’amministrazione crea una graduatoria triennale per la selezione di operatori ecologici ci siamo alternati per tre anni lavorando tre mesi si tre no a gruppi, poi la finanziaria blocca le assunzioni trimestrali, ma intanto gli anni passano e la vecchiaia avanza, la realtà è che a nessuno importa nulla, il lavoro nella N.U. non manca, i soldi si possono trovare ma credo che convenga di più prenderci per al gola”.
Il precariato non si ferma solo a queste categorie, ne esiste una che io chiamo la “madre del precariato” la scuola. Luisa e Maria sono due insegnati precarie siciliane, che vivono in città diametralmente opposte ma con storie di precariato simili:
Luisa 46 anni precaria in un Liceo a Messina, afferma “ sono insegnate di diritto, precaria dal 1989 con la graduatoria che procede lentamente, nel passato ho insegnato in scuole di montagna per usufruire di un punteggio maggiore dato il disagio ma al danno subisco la beffa, cambiano legge in maniera retroattiva è perdo tutto, provo un profondo disagio nel vedere insegnati con meno anzianità passare di ruolo, perché insegnano altre discipline. Noi precarie se non abbiamo mariti con buste paghe certe non possiamo accedere a mutui, in tal caso si paga l’affitto di casa per una vita intera.(ha collaborato Giusy Arimatea)
Maria 37 anni di Piazza Armerina (prov. di Enna) insegnante precaria di lingue, ” dal 1991, prima ancora precaria dell’ex art.23 con l’handicap che non potendo fare supplenze non aggiornavano il suo punteggio, fino a quando ebbe il permesso di fare supplenze diventando bi-precaria, è da 10 anni che vado avanti cosi, ad Agosto mi scoppia l’ansia per le nuove convocazioni, per sapere dove andrò a lavorare ma soprattutto se lavorerò, guadagnando ovviamente da Settembre a Giugno, gli altri mesi ? Ci si mette in linea, questo modo di fare non danneggia solo né, ma anche gli alunni quando incominciamo a conoscerci è ad avere reciproca fiducia mi trasferiscono altrove. Ho acquistato casa ma ho dovuto presentare due garanti, alla faccia dell’indipendenza economica, in una situazione simile si può stare bene?”
Quindi il precariato non è solo un’ emergenza sociale ed economica, ma anche etica, perché la precarietà lavorativa non permette soprattutto ai giovani di costruirsi una famiglia, costringendoli ancora a vivere con i genitori ( per poi essere accusati di essere mammoni).
(l.n.)