Scrive Efraim Halevy su Yediot Aharonot: «Israele ha messo in chiaro che le sue preoccupazioni circa il destino della guerra civile siriana non sono solo di carattere umanitario, e che la provocatoria escalation iraniana all’interno della Siria troverà Israele pronto e preparato a qualsiasi scenario. Questo messaggio si fa sempre più importante alla luce della notizia che i siriani si sarebbero recentemente addestrati all’uso delle armi chimiche in loro possesso, alla presenza dei “consiglieri” iraniani che si trovano in Siria come ospiti di Assad». L’editoriale ricapitola le sfide che il regime di Tehran si trova attualmente a fronteggiare («mentre il crescente investimento dell’Iran in Siria suscita critiche sempre più forti sia all’interno che all’esterno del Medio Oriente, la sua economia viene messa in ginocchio sotto i colpi delle sanzioni: l’Iran si sta avvicinando al punto in cui perderà il controllo sull’inflazione galoppante nel paese e sull’accelerata svalutazione delle sua moneta»); e conclude: «Il segnale dato da Israele con la vasta esercitazione militare a sorpresa condotta l’altro giorno sulle alture del Golan costituisce un altro elemento che l’Iran dovrà considerare bene, mentre si occupa della Siria fornendo copertura ai crimini contro l’umanità del regime di Assad».
(Da: Yediot Aharonot, 20.9.12)
Scrive Yoel Guzansky su Ma’ariv, a proposito della difficile situazione dei cristiani in Medio Oriente: «Il processo di riduzione delle comunità cristiane nella regione è accelerato a seguito della “primavera araba” e rischia di portare alla scomparsa di queste comunità esattamente come è accaduto alle comunità ebraiche un tempo fiorenti nel mondo arabo-islamico. Che cristiani minacciati dagli estremisti islamici, e frustrati per la mancanza di prospettive nei loro rispettivi paesi, si mettano alla ricerca di una vita migliore all’estero non è un fenomeno nuovo. Oggi i cristiani rappresentano il 5% della popolazione del Medio Oriente quando cento anni fa costituivano il 20%. La ricca storia del cristianesimo in questa regione non basta a garantirgli un futuro. Seppure i partiti islamisti non costituiscano di per sé una minaccia automatica contro i cristiani, alla luce degli avvenimenti in Medio Oriente degli ultimi diciotto mesi vi sono buone ragioni per preoccuparsi.» L’editoriale conclude affermando che «per quanto riguarda i diritti delle minoranze, Israele (dove pure la presenza dei cristiani è costante) non ha ancora raggiunto il livello auspicabile: si può e si deve fare di più, per servire da esempio in tutta la regione in fatto di capacità di tutelare e preservare le proprie comunità cristiane».
(Da: Ma’ariv, 20.9.12)
Scrive Yaakov Ahimeir su Yisrael Hayom: «Forse anche noi ebrei dovremmo sentirci insultati. Forse dovremmo sentirci profondamente offesi, proprio come le folle di estremisti islamici che hanno attaccato le ambasciate americane nel mondo arabo e assassinato l’ambasciatore americano insieme a altri tre funzionari a Bengasi, in Libia. Il tutto a causa di un pietoso filmetto che dileggia il profeta Maometto. Come ebrei, veniamo quotidianamente coperti di insulti da mass-media e predicatori arabo-islamici, ma li ignoriamo. Non ci viene nemmeno in mente di reagire in modo selvaggio come hanno fatto gli estremisti islamici che hanno assassinato e distrutto, bruciando bandiere americane insieme, naturalmente, a bandiere israeliane. Non è che noi la facciamo pagare ai palestinesi dando fuoco alle loro rappresentanze all’estero. Gli ebrei che vivono fuori da Israele non pensano nemmeno di reagire in modo violento. Ma c’è qualche leader musulmano che abbia preso pubblicamente posizione contro questi insulti generalizzati che vengono quotidianamente riversati contro il popolo ebraico? E non si tratta di insulti limitati a pochi estremisti nel mondo musulmano: la stessa Autorità Palestinese insulta il popolo ebraico usando un linguaggio disgustoso sui mass-media palestinesi che sono sotto il suo controllo. […] La televisione dell’Autorità Palestinese definisce “immonda sporcizia” le preghiere degli ebrei al Muro Occidentale (il cosiddetto muro del pianto), e manda in onda l’accademico palestinese che definisce gli ebrei “vermi parassiti” e il funzionario del ministero palestinese per gli affari religiosi che paragona gli ebrei a “maiali che vagano per il paese”. […] Qualcuno ha sentito di recente qualche condanna di questi sproloqui antisemiti a nome dell’Autorità Palestinese o di qualche presidente e ministro degli esteri di qualche nazione araba o delle più importanti nazioni del mondo? A quanto pare, il razzismo che si manifesta su tanti mass-media arabi e palestinesi è bellamente ignorato. In fondo, riguarda gli ebrei. […] Le ragioni che avremmo per offenderci sono perlomeno altrettanto valide di quelle accampate da coloro che hanno assassinato l’ambasciatore Usa in Libia Christopher Stevens. Solo che noi ci comportiamo in un altro modo.
(Da: Yisrael Hayom, 20.9.12)