Il rapporto della Commissione incaricata nel gennaio scorso di analizzare lo status legale degli insediamenti esorta il governo israeliano a riconsiderare, e soprattutto a rendere più lineare e coerente, la politica verso le comunità ebraiche in Giudea e Samaria (Cisgiordania), compresi i cosiddetti avamposti, alla luce del fatto che Israele non può essere considerato “potenza occupante” in base ai criteri stabiliti dal diritto internazionale.
La posizione della Commissione, formata dall’ex giudice della Corte Suprema Edmond Levy, dall’ex giudice distrettuale di Tel Aviv Tehiya Shapira e da Alan Baker, esperto di diritto internazionale già membro del team che ha elaborato gli Accordi di Oslo, appare in netto contrasto con le conclusioni del Rapporto Sasson del 2005 che qualificava come illegali 120 avamposti in Cisgiordania.
Sulla questione della sovranità, la Commissione Levy stabilisce che in Cisgiordania “la presenza di Israele non corrisponde ai criteri di ‘occupante militare’ definiti ai sensi della legge internazionale”, in particolare per il fatto che “nessun altro soggetto giuridico” può rivendicare su quell’area una propria “sovranità sancita dal diritto internazionale”. Gli insediamenti su terreni demaniali o regolarmente acquistati sono dunque legali, secondo la Commissione Levy, giacché non esiste nessuna norma internazionale in base alla quale si possa definire illegale la presenza di popolazione ebraica in quell’area.
La Commissione specifica d’aver preso in esame le opinioni legali inoltrate sia dalle organizzazioni degli abitanti degli insediamenti, sia dalle organizzazioni ostili agli insediamenti come Pace Adesso, Yesh Din e B’Tselem. Le raccomandazioni della Commissione, che non sono vincolanti, sono state sottoposte in giugno al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e alla competente commissione ministeriale.
Scrive DAN MARGALIT, su Yisrael Hayom: «Chiunque sia stato a incaricare nel 2005 Talia Sasson, ex candidata per il Meretz, di scrivere un rapporto sugli avamposti in Giudea e Samaria, è chiaro che voleva sin dall’inizio delle conclusioni che raccomodassero di spazzarli dalla faccia della terra. Chiunque, successivamente, abbia incaricato una commissione presieduta da Edmund Levy di ricapitolare la questione degli insediamenti, è chiaro che voleva sin dall’inizio delle conclusioni che raccomandassero di spazzare dalla faccia della terra il Rapporto Sasson». Secondo l’editorialista, sia l’estrema destra che l’estrema sinistra vorrebbero che il governo adottasse le conclusioni del Rapporto Levy, e spiega: «Se Israele smetterà di sentirsi vincolato da svariati trattati internazionali, la pressione internazionale crescerà all’inverosimile: la destra non se ne cura, la sinistra è proprio quello che vuole. Pertanto è ragionevole presumere che Netanyahu si riconoscerà nelle opinioni di base espresse nel Rapporto Levy, ma è altrettanto ragionevole supporre che eviterà di tradurre le principali raccomandazioni contenute nel Rapporto in una legge vera e propria».
(Da: Yisrael Hayom, 10.7.12)
Secondo l’editoriale di HA’ARETZ, il Rapporto Levy «di fatto annette allo Stato d’Israele» i territori conquistati nella guerra dei sei giorni dal momento che raccomanda che tutti gli avamposti israeliani vengano ratificati, e continua: «Il procuratore generale Yehuda Weinstein, che si era opposto alla creazione della Commissione Levy, ha il dovere di spiegare al primo ministro Netanyahu le profonde implicazioni di diritto internazionale che comporterebbe l’adozione delle raccomandazioni di quel Rapporto. Netanyahu deve archiviare il Rapporto Levy e insistere affinché il ramo esecutivo del suo governo faccia rispettare senza indugi le ordinanze giudiziarie riguardanti tutti gli avamposti, a cominciare da quelli costruiti su terreni privati.»
(Da: Ha’aretz, 10.7.12)
Anche YOAZ HENDEL, su Yediot Aharonot, sottolinea che il Rapporto della Commissione Levy contraddice il Rapporto Sasson, e scrive: «Evidentemente l’analisi giuridica non è una scienza esatta. È possibile sbagliare e ripensarci. E poi – meraviglia delle meraviglie – non esiste una verità assoluta quando si tratta dei territori al di là della Linea Verde». L’editorialista si domanda come i critici d’Israele potranno spiegare che «il rispetto della legge esige, da una parte, che si adotti il Rapporto Sasson, e dall’altra che venga ignorato il Rapporto Levy».
(Da: Yediot Aharonot, 10.7.12)
L’editoriale del JERUSALEM POST accoglie con favore il Rapporto Levy che ha il merito di precisare lo status legale dei territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania), e scrive: «Lo status di Giudea e Samaria, lungi dall’essere quello di territori “occupati”, può essere descritto tutt’al più – a voler essere generosi con le rivendicazioni palestinesi – come uno status sui generis sotto il profilo del diritto internazionale, giacché dalla comunità internazionale non è stata inequivocabilmente riconosciuta a nessuno la sovranità su di esse». E spiega: «Queste conclusioni della Commissione, sostenute dalla profonda competenza dei suoi membri in fatto di diritto internazionale, si basano su alcuni semplici dati di fatto. Primo: il Mandato Britannico, entrato in vigore nel settembre 1922 dopo essere stato ratificato dalla Società delle Nazioni, prevedeva la creazione di una “sede nazionale per il popolo ebraico” nel territorio a ovest del fiume Giordano, comprese le regioni di Giudea e Samaria. Secondo: il piano di spartizione dell’Onu del 1947 non è mai subentrato al Mandato Britannico, come era invece nelle intenzioni.
Venne accettato dalla comunità ebraica di Palestina rappresentata dall’Agenzia Ebraica, ma venne respinto sia dall’Alto Comitato Arabo di Palestina, sia da tutti gli Stati membri della Lega Araba. Terzo: in seguito alla guerra d’indipendenza d’Israele (1948-49) – durante la quale le milizie armate palestinesi, dapprima, e successivamente gli eserciti congiunti di Giordania, Egitto, Siria, Iraq e Libano tentarono invano di soffocare sul nascere lo stato ebraico – la Giordania si impadronì delle regioni di Giudea e Samaria e di alcune parti di Gerusalemme, ma la sua sovranità su queste aree non venne mai riconosciuta dalla comunità internazionale. Quarto: in seguito alla guerra dei sei giorni (1967) – quando ancora una volta gli eserciti congiunti di Egitto, Siria e Giordania, con l’aiuto di molti altre nazioni e organizzazioni, compresa l’Olp, cercarono invano di spazzare via Israele dalla carta geografica – Israele assunse il controllo di Giudea, Samaria e striscia di Gaza, oltre alla penisola del Sinai e alle alture del Golan. Successivamente, nel 1988, la Giordania cedette all’Olp le sue rivendicazioni sulla Cisgiordania. Ma le presunte rivendicazioni “trasferite all’Olp” erano più deboli di quelle di Israele per una serie di ragioni. Innanzitutto il Mandato Britannico (istituito dalla Società delle Nazioni) non aveva mai riconosciuto un diritto della Giordania (allora Transgiordania) su territori ad ovest del fiume Giordano. Inoltre la Giordania si era impadronita di quei territori nel quadro di una guerra d’aggressione contro il nascente stato ebraico». Secondo l’editoriale del Jerusalem Post, può ben darsi che il rapporto della Commissione non riuscirà a convincere i detrattori di Israele che gli insediamenti ebraici sono legali e che tutti quegli uomini, donne e bambini che vi abitano non sono dei criminali, bensì persone in regola con la legge sotto ogni punto di vista. Ma se non altro, la pura e semplice verità dei fatti è stata una buona volta ribadita, e messa agli atti. E andrebbe ufficialmente riconosciuta come tale dal governo israeliano.»
(Da: Jerusalem Post, 10.7.12)
Si veda anche:
Narrazione araba e verità storica. Perché la risoluzione 242 non esige un ritiro sulle linee pre-’67, e di Gerusalemme non parla nemmeno
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Errata corrige: dove è scritto “Israele” leggi “Occupazione del 48”. Benvenuti nella neolingua orwelliana dell’Autorità Palestinese dove il terrorismo è resistenza, gli stragisti sono martiri e Gerusalemme è solo araba
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Ecco lo Stato rifiutato dai palestinesi: Ha’aretz ha pubblicato la mappa dell’offerta di Olmert lasciata cadere da Abu Mazen
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Insediamenti. Quando sono nati e perché, cosa dicono gli accordi di pace, quale il loro futuro
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Linee del ’67: a un tiro di schioppo. Sul sito MyIsrael, una spettacolare fotografia panoramica interattiva, che vale più di mille discorsi
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Miti e realtà post-‘67. Israele elabori una sua politica, senza lasciare che si impongano le mistificazioni di nemici ed estremisti
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