domenica, Novembre 24, 2024
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Atomica iraniana. Dibattito (e polemiche) in Israele

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ordinato giovedì al direttore dei servizi di sicurezza di aprire un’indagine per determinare l’origine della fuga di notizie su un eventuale attacco contro il programma nucleare iraniano. Secondo fonti israeliane riportate da mass-media stranieri, Meir Dagan (ex capo del Mossad) e Yuval Diskin (ex capo dei servizi di sicurezza) sarebbero sospettati d’aver rivelato alla stampa informazioni infondate per mettere in difficoltà Netanyahu e il ministro della difesa Ehud Barak e impedire così un eventuale raid contro l’Iran. Meir Dagan ha respinto con forza le critiche: “Se il ministro delle finanze Yuval Steinitz ritiene che io abbia minato la difesa del paese – ha dichiarato – che mi persegua davanti alla giustizia: sarò lieto di ricordare le dichiarazioni dello stesso Steinitz circa il fatto che ‘tutte le opzioni sono sul tappeto’. Non sono stato io a cominciare a parlare pubblicamente di questo tema, ma lo stesso primo ministro che ha parlato di un’opzione militare”.
Secondo un sondaggio Dialog, pubblicato giovedì dal quotidiano Haaretz, il 41% degli israeliani intervistati (sia ebrei che arabi) si dichiara a favore di un eventuale raid contro i siti nucleari iraniani, mentre il 39% si dichiara contrario a tale opzione e il 20% non si pronuncia riconoscendo di non saper dire quale sia la cosa giusta da fare. Favorevole al raid il 21% degli arabi israeliani intervistati. In ogni caso, l’80% degli israeliani intervistati ritiene molto (59%) o abbastanza (21%) probabile che l’eventuale operazione militare sull’Iran scateni una guerra con Hamas a Gaza e con Hezbollah nel Libano meridionale, contro il 20% che la ritiene poco o per nulla probabile.
In una conferenza stampa, giovedì, alla vigilia della sua visita ufficiale a Cipro, il presidente d’Israele Shimon Peres ha messo in guardia contro un “Iran nucleare” che costituirebbe, ha detto, una minaccia “non soltanto contro Israele, ma contro il mondo intero”. “I leader della comunità internazionale devono mantenere il loro impegno di fare tutto il possibile per impedire a Teheran di realizzare i suoi piani”, ha concluso Peres.
(Da: Guysen International News, 3.11.11)
Scrive Yaakov Lappin, sul Jerusalem Post: «Diversi osservatori sono fermamente convinti che la recente ondata di notizie e commenti sui mass-media in Israele circa un eventuale raid contro il programma nucleare iraniano sia il frutto di una collaborazione pericolosa e potenzialmente illegale fra “insider” contrari a tale attacco e mass-media vicini all’opposizione, decisi a mettere in difficoltà il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Secondo questo punto di vista, quello che era iniziato come uno stillicidio di notizie da prima pagina, isolate ma di grande effetto, che lasciavano intendere che Netanyahu e il ministro della difesa Ehud Barak avessero ormai preso la decisione di procedere con un’operazione militare, è rapidamente diventato una valanga di cronache e commenti che hanno occupato l’agenda nazionale e messo a repentaglio la stessa sicurezza della nazione in un modo che non ha precedenti.
Chi la vede così ritiene che tutte queste cronache non abbiano fatto altro che buttare in politica questioni cruciali che stanno al cuore stesso della capacità di sopravvivenza di Israele in Medio Oriente. Che le cose stiano o meno in questo modo, a pochi giorni dalla prevista diffusione da parte dell’agenzia Onu per l’energia atomica AIEA di quello che sarà probabilmente il suo rapporto finora più severo circa il programma nucleare iraniano, Israele a quanto pare è andato ad aggiungersi al club di quelli che “mandano messaggi”. Il succedersi di importanti esercitazioni, sia offensive che difensive, sembra un segnale inequivocabile che Gerusalemme non ha scartato l’opzione militare insieme ai suoi eventuali contraccolpi. Due voci israeliane, una che segnala quanto Israele prenda sul serio la minaccia iraniana e l’altra che esprime opposizione all’ipotesi di un raid, potrebbero dunque essere contemporaneamente all’opera dietro alla raffica di titoli dei giorni scorsi. Come che sia, l’urgenza della questione iraniana è ora saldamente al primo posto nell’agenda delle priorità nazionali d’Israele.»
(Da: Jerusalem Post, 3.11.11)
Anche Eitan Haber, su Yediot Aharonot, discute l’imprudenza del dibattito pubblico in corso in Israele sull’eventualità di un raid contro gli impianti nucleari iraniani. «Da un lato, le notizie di un possibile attacco delle forze aeree vengono condannate con una veemenza senza precedenti. Dall’altro, i mass-media vengono imbottiti di servizi che tengono alta la tensione con l’intento di mettere bene in chiaro a coloro che potrebbero volerci distruggere quanto Israele sia pronto e preparato». L’editoriale si domanda se il consigliere per l’intelligence del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad non gli stia per caso dicendo che in Israele “è tutto un caos disorganizzato” e che “nessuno sa che cosa accadrà”.»
(Da: Yediot Aharonot, 3.11.11)
Scrive Amos Regev, su Yisrael Hayom che «il “dibattito pubblico” attorno a un eventuale attacco all’Iran è irresponsabile e pericoloso per la sicurezza del paese. Non c’è dubbio che, se mai gli iraniani avranno la bomba e – il cielo non voglia – la usassero contro di noi, anche allora, in mezzo alle macerie, si alzerà qualcuno dei soliti giornalisti soloni anti-barriere difensive, il quale scrollandosi di dosso polvere e calcinacci ricomincerà subito a strillare: “Come mai il governo non ha fatto nulla per impedirlo? Vergogna!”.»
(Da: Yisrael Hayom, 2.11.11)

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