giovedì, Novembre 21, 2024
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Ordine dei giornalisti. Riforma bluff mentre rimane il potere.

È tempo di riforme e come di consueto, Ordine dei Giornalisti e politica si agitano e cercano di mettere su una riforma che ponga “ORDINE” nell’intricato e verticistico nel pianeta odg. Di proposte nel tempo ce ne sono state ma mai si è veramente pensato ad una approfondita riforma e quelle poche volte che si è intervenuto lo si è fatto con una legge che viola i principi costituzionali.
Ma nessuno sembrerebbe farci caso.
Il mondo dei giornalisti è radical chic e poco interessato ai fatti dell’ordine.
Ricordo che una giornalista italiana molto nota mi rispose, a proposito della situazione interna dell’ordine, che è bene che tutto rimanga circoscritto all’interno dello stesso.
Tradotto, “lascia perdere”
Appare evidente che non sembra esserci la volontà politica e del governo dell’Ordine ad una riforma complessiva che, al pari degli altri ordini, porti l’odg ad una vera democrazia con uno statuto e norme chiare e non contradditorie, ma soprattutto che sia territoriale. L’ordine rimane chiuso nel “suo piccolo” mondo di potere verticistico nazionale e delle appendici regionali che periodicamente ripropongono gli stessi nomi per il consiglio nazionale e per i consigli regionali. Il problema della rappresentanza nasce dall’incostituzionalità del testo in vigore ,e dalla caotica procedura di elezione dei consigli che “tollera” pur non prevedendolo, la presentazione di liste con la conseguenza che alla fine dei giochi rimane escluso chiunque volesse presentarsi come candidato singolo. La procedura di vota è incredibile. Si basa su “assemblee” che seppur previste per legge sono la concausa, con un regolamento caotico, al dominio assoluto delle solite liste di nomi che da decenni monopolizzano le elezioni con nomi che si riciclano nel tempo. Non c’è ricambio e mai potrà esserci se le cose non cambiano.
Basta rileggersi i dati delle ultime elezioni nazionali e quelli della Sicilia per rendersene conto.
Dalle elezioni si passa al governo dei consigli. Qui l’incostituzionalità è più che evidente poiché la legge prevede che ai professionisti che sono mediamente il 35% del totale degli iscritti, vengono assegnati il doppio dei consiglieri rispetto ai pubblicisti. Se si vuole continuare a dividere nell’ordine i professionisti dai pubblicisti che sono la spina dorsale dei quotidiani italiani, in democrazia e nel rispetto del diritto, il numero dei consiglieri andrebbe ripartito secondo la percentuale dei voti ottenuti da ogni singolo candidato.
In sintesi. Così come adesso codificato, è come se il governo della repubblica fosse affidato alla coalizione minoritaria in Parlamento.
Questo in democrazia. Ma l’ordine è davvero democratico?
C’è un altro aspetto che sembra un vero e proprio tabù , ovvero, la presenza sul territorio e quindi una rappresentanza “provinciale” vicina agli iscritti. L’Odg è l’unico ordine professionale che anacronisticamente prevede il governo nazionale e regionale. Non pensare di istituire sedi provinciali potrebbe velatamente essere considerato come una certa garanzia di non cambiamento e di potere.
Questo è la situazione ed è veramente sconfortante leggere il testo della proposta di riforma approvata dal Consiglio Nazionale il 18 luglio scorso. Appare vuota di contenuti effettivamente efficaci e ovviamente non prende in considerazione i veri aspetti che da decenni attendono risposta. Non si interviene per la Democrazia, dignità, parità di trattamento, rappresentatività, ma solo e semplicemente per “regolare” l’accesso alla professione, ovviamente prevedendo “deroghe” per i soliti eccezionali e imprevedibili casi (?) e instituendo la figura mitologica del tutor regionale.
Insomma. Niente di nuovo sotto il sole.
Da anni, L’Osservatorio Sicilia prima e ora con Mondo e Dintorni, si “denuncia” la non democrazia, le discriminazioni e tutte le incongruenze costituzionali all’interno dell’ordine. Manca la volontà di riformare e il potere fa fatica a democratizzarsi.

Michele Santoro

Michele Santoro
Direttore Mondo e Dintorni

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