La tragedia di Mestre sta occupando ampi spazi nell’informazione e come per le altre tragedie, passato il primo momento di cordoglio e di forti polemiche politiche e giornalistiche, tutto ritornerà nell’oblio e niente cambierà. Come negli ultimi trent’anni del resto.
Il caso di Mestre con il suo fardello di morti ha fatto però esplodere la polemica sui mezzi elettrici e sulla loro pericolosità e fatto riemergere la problematica della situazione della viabilità in Italia, specie al sud e in Sicilia.
Non essendo tecnici ci limitiamo a riportare che casi di incendio di mezzi elettrici sono molto frequenti e la loro pericolosità non sembra possa essere messa in discussione.
L’autobus caduto dal cavalcavia di Mestre era un mezzo cinese, Yutong E-12 con batterie della potenza di 350 Kw posizionati sul tetto. In quale percentuale abbiano contribuito alla morte delle 21 persone saranno le perizie tecniche a stabilirlo.
Certo è che, come ricorda il Prof. Massimo Guarnieri, dell’Università di Padova, docente di ingegneria industriale, le batterie al litio possono facilmente prendere fuoco e molto difficile da spegnere.
Dall’altra parte, i media hanno giustamente puntato i riflettori anche sulla pericolosità del delle barriere di protezione e sull’interruzione inspiegabile presente nel punto di caduta.
Situazioni simili a quelli del cavalcavia di Mestre sono ancora pericolosamente presenti lungo la A19 e soprattutto nei lunghi viadotti che vanno dallo svincolo di Alcamo a Segesta e invece di sostituirli , dopo l’uscita dalla galleria in direzione Trapani, si sta installando uno spartitraffico in cemento tra le due carreggiate che appare “posato” senza una logica.
In alcuni tratti le barriere non sono neanche presenti e quando ricominciano si presentano nelle stesse condizioni di pericolosità della barriera del cavalcavia di Mestre.
A dimostrazione che in Italia tutto è improvvisazione e caos. Una normalità.