Quando la politica parla di lotta all’evasione sa bene di mentire perché sa che non possono – o meglio non voglio intervenire – perchè sa che così salterebbe l’economia non solo del sud ma di tutto il paese. Di conseguenza si può affermare che il lavoro nero è “il nero di stato“.
In questo momento di grave crisi economica molti si chiedono come mai il sud continua a reggere l’urto dell’inflazione e mantenere un minimo di quella dignità che lo stato non garantisce più da tempo.
I contratti al sud, ma ormai sembra che anche il garantista nord si stia incamminando verso questa soluzione, sono per il 90% part time orizzontale.
In pratica, cosa che non può non essere nota al governo e alla politica elittaria che si chiude nei palazzi romani e dei capoluoghi di regione, il lavoratore firma un contratto part time orizzontale di 4 ore ma presta la sua attività per non meno di 7/10 ore giornaliere.
L’importo non dichiarato dal datore di lavoro che così risparmia molto su tasse e tributi, va al lavoratore che da parte sua incamera il compenso mantenendo il suo ISEE al di sotto della soglia prevista per il mantenimento di assistenza diretta e di poter ottenere contributi ed agevolazioni economiche, sanitarie e altro dall’ente pubblico. Ma esiste una buona percentuale di lavoratori che lavora totalmente in nero. Una percentuale che si aggira sul 12/13% del totale. Più o meno 3 milioni di persone che non esistono nel sistema produttivo.
Il lavoratore, meglio dire schiavo, non ha alcuna possibilità di ribellarsi a questo sistema che è ben oleato. Se chiede un contratto di lavoro regolare rischia di non essere assunto e al suo posto arriva un altro disperato. E purtroppo i lavoratori subiscono ma non denunciano.
E’ una catena criminale subita o tollerata da una politica incapace e talvolta collusa. I sindacati da parte loro sono responsabili di questa situazione di degrado morale. La loro politica di tutela del lavoratore è apparsa al volte effimera e spesso, troppo spesso, in linea con il pensiero governativo.
Hanno accettato e sottoscritto il protocollo triangolare di intesa tra il Governo Amato e successivamente hanno accettato (subito? Concordato ?) la cancellazione dell’art 18.
E il passaggio di sindacalisti alla politica lascia sempre molti margini di dubbio sull’effettiva necessità di tante sigle sindacali considerata la situazione in cui si trovano i lavoratori.
I segretari generali dei sindacati non si sono fatti scrupolo a farsi eleggere al Parlamento nazionale ed europeo. I casi di Lama, Trentin, Epifani , Cofferati e ora la Camusso e la Furlan , per parlare dei più noti, ci confermano che l’indipendenza dei sindacati dal potere politico è solo una favola.
Questa è l’Italia, e ormai nessuno crede più alle chiacchiere dei politici che sembrano più interessati al loro lauto stipendio, ad una pensione sicura dopo solo 4 anni al Parlamento e alle prebende che la carica offre loro.