La guerra preventiva sotto traccia si gioca in Siria al di fuori dai riflettori.
Israele ha da qualche tempo intensificato le sue azioni contro le postazioni iraniani in Siria così da non trovarsi impreparato nel caso in cui, come sembra probabile, l’amministrazione Biden decida di sganciarsi dal teatro siriano. E le probabilità che ciò succeda emergono anche dalla volontà più volte espressa dal probabile nuovo presidente USA, di riprendere la discussione sull’accordo con il paese degli ayatollah.
L’attivismo militare e di intelligence israeliano è la conseguenza del tentativo iraniano, nell’incertezza della situazione politica americana, di avanzare in Siria sotto la copertura siriana sia con l’ausilio di gruppi speciali delle milizie terroristiche di Hezbollah che opererebbero come reclutatori di gruppi armati per azioni terroristiche partendo dall’area del Golan siriano.
Da parte sua, l’Iran stava concentrando le sue mire verso le province di Deraa, Quneitra e Sweida.
Le operazioni di attacco contro le postazioni siriane che sono base per le milizie sciite e dell’ IRGC (Il corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche) e le azioni di reparti speciali e dell’intelligence hanno dato i suoi frutti. Secondo quanto ha affermato il 10 Dicembre scorso Il Capo di Stato Maggiore dell’IDF, il tenente generale Aviv Kohavi, “l’Iran ha iniziato a ridurre la sua presenza militare in Siria come risultato delle nostre operazioni e ha bloccato il traffico aereo di contrabbando di armi. Ma, ha aggiunto “c’è ancora molta strada da fare”.
Ms