Il 30 ottobre è venuto a mancare il report del quotidiano britannico “The Indipedent” , Roberto Fisk, che ha raccontato la strage avvenuta nel campo profughi palestinesi di Sabra e Shatila ad opera dei miliziani cristiano-falangiste di Elie Hobeika. Ricordando Robert, a Charlie ritornano in mente i tragici eventi e l’incontro con il giornalista avvenuto sul campo.
Il capitano Cantatore, pilota di elicotteri dell’Esercito, era in servizio presso ITALAIR, il reparto elicotteri italiano dislocato nel sud del Libano nell’ambito della missione UNIFIL nel luglio del 1979, ed era stato distaccato, quale ufficiale di collegamento presso il contingente italiano ITALCON dislocato a Beirut.
Charlie ricorda ancora molto lucidamente quei concitati e tragici avvenimenti.
Quella sera del 16 Settembre 1982 si trovava al Palazzo Unifil e quando sentì i primi spari, uscì immediatamente e si diresse verso l’area attraverso i campi che si trovavano alle spalle dell’Ambasciata del Kuwait.
“Ero in uniforme e indossavo il basco blu dell’ONU – ricorda Clarlie – quando arrivai nei pressi dei campi mi sono imbattuto in due militari israeliani che con il mortaio da 120 sparano in continuazione potenti bombe illuminanti da due milioni di lumen così da tenere sempre illuminate tutte le aree.
Chiesi ai due soldati cosa stesse succedendo ma non ottenni come risposta che non lo sapevano. A quel punto cercai di proseguire verso l’interno dei campi palestinesi ma un solerte tenente dell’IDF, esercito israeliano, puntandomi con un M16 mi intimò, spingendomi con il fucile dietro la postazione del mortaio, di tornare indietro immediatamente, raccomandandomi “bonariamente” , di non provarci “
Charlie a quel punto, certo del fatto che il tenente avrebbe sparato in caso di rifiuto ad obbedire, fece finta di tornare sui suoi passi e si diresse dietro l’Ambasciata del Kuwait dove si nascose tra gli arbusti in attesa di poter entrare nell’area dei campi
Rimase lì per tutta la notte. Dopo circa due ore, i mortai smisero di sparare e iniziò un forsennato via vai di mezzi militari di ogni genere.
All’alba, quando la postazione mortai era stata ripiegata e l’ufficiale aveva lasciato l’area, Charlie si diresse verso l’ingresso dei campi.
Fu a quel punto che sentì una voce femminile chiarmarlo. Era una freelance che Charlie conosceva bene e che chiameremo “Claude”.
Entrarono nel campo insieme, e dopo aver visto cosa era successo, Claude, che aveva fatto un servizio fotografico, gli consegno un paio di rullini fotografici.
“Tienili tu” gli disse, “se ci fermano “sarà più difficile che a te le requisiscano”.
“ Ci avviammo verso il crocevia dell’ambasciata – ricorda Charlie – e lì ci separammo perché io dovevo riprendere la Passat del ONU che avevo lasciato a palazzo UNIFIL. Lungo la strada ci fermò un’auto con Robert Fisk ed altri giornalisti che ci chiesero cosa fosse successo. Io e Claude rispondemmo quasi contemporaneamente: un massacro. Andate, guardate e raccontate”.
La tragedia si era consumata. Ci furono, secondo fonti IDF, circa 780 morti.
Quando la situazione si normalizzò, Charlie cercò di contattare Claude, ma è sembrata sparita nel nulla. Nessun giornalista, fotografo o amico gli fu d’aiuto. E’ stato un tentativo “Anche se al quel tempo certe immagine non venivano pubblicate, cercai per un po’ sui media suoi articoli e foto ma non trovai nulla che potesse farmi risalire a Claude” . La cronista era svanita nel nulla così come era apparsa.
Corrado Cantatore, dopo alcuni anni ritornò in Patria e continuò il suo lavoro, ma ancora oggi, dopo decenni, gli è difficile dimenticare ciò di cui è stato testimone.
Ms