Prendo spunto dalle affermazioni fatte dal direttore di Libero, Vittorio Feltri e dalla giornalista Maria Teresa Meli, durante la trasmissione “l’aria che tira” dell’ 8 febbraio 2017 condotta da Myrta Merlino, per rispondere alle accuse del presidente dell’Ordine di Sicilia lanciatemi telefonicamente lunedì mattina. Rispondo con una lettera aperta anche perché il presidente Francese rappresenta in Sicilia oltre cinquemila giornalisti, molti dei quali vivono sotto soglia di povertà e i cui diritti sono giornalmente calpestati e perché, mi auguro, ciò possa stimolare una seria ed approfondita riflessione sul tema dei diritti costituzionali degli iscritti all’ordine.
Egregio presidente Francese,
lei mi accusa di ritornare ciclicamente sul tema della democrazia e dei diritti all’interno dell’ordine ogni qualvolta si tengano le elezioni degli organi di governo, e di parlare soltanto senza mai proporre alcunché.
Non ha mancato di ricordarmi che lei e tutti quanti eletti lavorate intensamente per la categoria e che conoscente bene i problemi.
Ne prendo atto. Però lei sbaglia e sottovaluta il fatto che la maggioranza degli iscritti si tiene a margine dell’ordine perché non si sente rappresentata né tutelata dall’ente.
Se lei e tutti quanti, molti da qualche decennio, fanno parte dell’establishment dell’ordine, siete consapevoli come dice, dei gravi problemi che si rappresentano ad ogni tornata elettorale, sarebbe stato vostro dovere attivarvi da tempo per pensare ad un documento di riforma complessivo che risponde al nome di “Statuto” e conseguente “articolata” proposta di modifica delle caotiche e contradditorie leggi che dovrebbero regolare la vita dell’ordine, non ultimo far abrogare l’incostituzionale d.lgs 67/2017 che l’ordine ha metabolizzato e non contestato come avrebbe dovuto.
A nulla conta il fatto che il Ministero, come ricorda, ha nel cassetto proposte di modifica che non riguardano le questioni relative alla cancellazione del decreto 67/2017, né riferita ad una radicale riforma per l’elezione e la rappresentatività. In definitiva non parlano di democrazia e diritti costituzionali che sono assenti drammaticamente e senza tema di smentite, all’interno del sistema ordine.
A memoria, non si ricordano proposte organiche di riforma se si esclude il Documento di Positano del 2008 che per quanto riguarda la questione “rappresentanza ed elezioni” si limita a chiedere, a pagina 17, solo che “non fosse il testo di legge, ma un regolamento a stabilire i meccanismi elettorali e la ripartizione dei consiglieri”.
In conclusione, anche se lei dice che tutti voi siete consapevoli di quali siano i mali che rendono l’ordine inutile, dannoso (cfr. Dott. Feltri) e da sciogliere nell’acido muriatico (Meli), mi permetto di elencarle almeno tre riforme necessarie ed ineludibili per renderlo democratico, forte, credibile e rispettoso dei diritti di tutti gli iscritti senza discriminazioni.
Partendo dell’assioma che l’albo dei giornalisti è unico e tutti i giornalisti indipendentemente dalla categoria di appartenenza hanno gli stessi diritti e doveri e parità di condizione, è ineludibile correggere la grave discriminazione a danno dei pubblicisti a favore dei professionisti che sono la minoranza. Circa il 30%, degli iscritti. C’è un unico ordine, un unico consiglio. È illogico e discriminatorio, e aggiungo incostituzionale, che una parte minoritaria assuma la maggioranza nei consigli.
Ma se proprio si vuole continuare dare maggiore attenzione ai professionisti e voler continuare a considerare i pubblicisti giornalisti di serie “B”, mantenendo distinti due elenchi all’interno dello stesso albo professionale, i consigli dovrebbero avere una composizione pariteca.
È grave che l’ordine non abbia immediatamente contestato il decreto 67/2017.
Come pensa che possa essere democratico, forte e credibile un organismo che si regge su norme discriminatorie e incostituzionali?
Ma anche per i meccanismi elettorali le cose da fare sono poche e si possono attuare con regolamento interno velocemente. Devono essere previsti i termini e modalità di presentazione delle candidature, di propaganda elettorale e l’istituzione del voto online ormai sicuro e certificato, e per corrispondenza. Impedire di fatto ad oltre l’80% degli iscritti l’espressione del voto perché devono sorbbacarsi viaggi di 100/200 chilometri per raggiungere le sedi “prescelte” dal consiglio regionale, non è solo discriminatoriO, viola un principio costituzionale.
La legge 115/1965 è nata vecchia come la legge 69/63. Erano altri tempi, oggi siamo nel terzo millennio, impensabile mantenere uno status quo incostituzionale che viola i diritti degli iscritti. Giova ricordare che già nel 1968 la Corte Costituzionale riteneva fondamentale “la struttura democratica del Consiglio”.
Può definirsi democratica e non discriminatoria la struttura che prevede che i professionisti siano nei consigli e negli organi interni dell’ordine, il doppio dei pubblicisti pur rappresentando meno di un quarto degli iscritti e che elegge i propri rappresentanti con un sistema elettorale caotico, contraddittorio e discriminatorio?
Egregio presidente Francese, purtroppo dalla sofisticazione della famosa assemblea del 2010, il cui video è stato censurato da youtube sul sito di (www.senzabavaglio.it) sicuramente su pressione di chi aveva interesse ad oscurare i fatti, ma che rimane on line sul mio giornale (https://www.mondoedintorni.it/2010/06/17/video/ ) ad oggi, nulla è cambiato e taluni “eletti”, riferendoci solo alla Sicilia, sono da tempo ben saldamente presenti nel consiglio regionale siciliano e nazionale.
Questo è il quadro di un sistema che come ho scritto ripetutamente, è divenuto un mostro giuridico e un sistema di potere. Ho tentato di capire se il consiglio regionale poteva essere parte di un progetto di riforma da presentare al consiglio nazionale per poi prevedere alla discussione parlamentare. Non me ne ha dato il tempo. Peccato.
Una domanda però mi torna l’obbligo di fargliela. Che significa la frase: “non ci fate paura?”
Qui non si tratta di azioni rivoluzionarie e sovversive o detronizzazioni.
Chi scrive lo fa non già in danno di taluni quanto piuttosto a favore di molti. Per trovare assieme una soluzione comune nell’interesse dell’idea di ciò che dovrebbe rappresentare l’Ordine. Non è pertanto spiegabile questa tensione che si percepisce nell’aria sostenuta, d’altronde dalla sua affermazione.
Dobbiamo pertanto supporre che si tratti di una sorta di “avvertimento”?
Michele Santoro
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