Riproponiamo, sul caso Ahed Tamimi, un articolo scritto da Olga Deutsch, il giorno della giornata internazionale della donna.
Tutti parlano di Ahed Tamimi, la 17enne palestinese attualmente sotto processo in Israelecon l’accusa, fra l’altro, di istigazione al terrorismo e reiterate aggressioni a calci, pugni, insulti e sputi contro soldati israeliani (sempre calcolatamente davanti alle telecamere). La ragazza viene celebrata un po’ dappertutto come una’icona della protesta, una “Rosa Parker della Palestina”, una novella Giovanna d’Arco. Ma è lecito descrivere Ahed Tamimi come una donna indipendente e risoluta, esemplare come le eroine a cui viene paragonata? O non si tratta piuttosto di una ragazzina la cui ingenuità e giovane età sono state a lungo abusate, sin da quando era bambina, con un’opera di indottrinamento dogmatico?
Oggi, nella Giornata internazionale della donna, sembra opportuno chiedersi: quali sono i personaggi femminili che fungono da modelli nella società palestinese per le giovani come Ahed Tamimi e tante altre?
Nel settembre 2017 Ahed Tamimi parlò al Parlamento Europeo nel corso di un evento dedicato al “Ruolo delle donne nella lotta popolare palestinese”, a fianco di Leila Khaled, terrorista e dirottatrice di aerei del FPLP (Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina). In quell’occasione, Khaled dichiarò: “Non può esserci pace finché c’è anche un solo sionista sul nostro suolo”. Parole che evidentemente riecheggiano in quelle pronunciate da Ahed Tamimi a metà dicembre (video-registrate e diffuse on-line da sua madre), quando disse: “Che si tratti di pugnalate, attentati suicidi o lanci di pietre, tutti devono fare qualcosa e unirsi affinché il nostro messaggio raggiunga coloro che vogliono liberare la Palestina”. In effetti, la giovane stessa proclamò in quell’evento che “ci sono molti simboli, molte donne palestinesi che resistono, che si oppongono. Abbiamo Leila Khaled. Noi ammiriamo tutte queste donne perché mostrano la perseveranza, la resistenza, questo impegno per la causa, e sono esempi fantastici per le donne in Palestina”.
L’elenco delle “donne palestinesi che resistono, che si oppongono” è una serie davvero devastante di cosiddetti modelli di comportamento.
Nel maggio 2017, una città palestinese ha inaugurato il suo primo Centro per donne e giovani e l’ha chiamato col nome di Dalal Mughrabi, una terrorista famosa per aver sequestrato un autobus e massacrato 38 civili israeliani, tra cui 13 bambini. Il Comitato delle studentesse universitarie del partito Fatah, al governo nell’Autorità Palestinese, si chiama “Sorelle di Dalal” in onore della stessa terrorista. Parlando quest’anno alla TV ufficiale dell’Autorità Palestinese, la coordinatrice del Comitato ha detto: “Impariamo da lei la leadership, e il fatto che le donne sono sempre alla guida. Dalal Mughrabi è un modello, come altre eroiche martiri in Palestina. Da lei attingiamo forza di volontà e determinazione, e perseveranza e volontà di continuare la lotta”.
L’autoproclamata organizzazione per i diritti delle donne palestinesi Miftah decanta un’altra donna, Wafa Idris, come “la prima di una serie di donne palestinesi votate a sacrificare la propria vita per la causa”. Wafa Idris si fece esplodere il 27 gennaio 2002 uccidendo un uomo di 81 anni e ferendo o mutilando altri 150 civili. Era riuscita ad arrivare nel centro di Gerusalemme approfittando del suo ruolo di volontaria della Mezza Luna Rossa, e viene celebrata come la prima attentatrice suicida palestinese.
Un’altra eminente palestinese, Rula Abu Duhou, è stata incarcerata “per la sua partecipazione all’assassinio di un civile israeliano innocente”. Dopo la scarcerazione, Duhou ha dichiarato: “Non sono per nulla dispiaciuta di quello che ho fatto. Al contrario, ne sono fiera. E vorrei poter fare di più per il mio paese”. Attualmente è membro di facoltà presso l’Istituto di Studi sulle Donne dell’Università di Birzeit, presso Ramallah.
La “resistenza” violenta non è l’unico ruolo assegnato alle donne palestinesi. Una parente di Ahed Tamimi, Manal Tamimi, nota per i suoi proclami incendiari e violentemente antisemiti, ha dichiarato in un’intervista che “le donne sono il pilastro principale della casa palestinese. Le donne palestinesi stanno allevando la nuova generazione piantandovi i semi della resistenza, insegnano ai loro figli come combattere, come essere forti. Persino gli uomini traggono le loro forze dalla forza delle donne”.
Ahed Tamimi ha riecheggiato questo concetto davanti al Parlamento Europeo quando ha parlato del “ruolo molto importante delle donne palestinesi nella lotta palestinese” e ha aggiunto: “Normalmente le donne devono crescere i figli e trasmettere loro i valori: se trasmettono l’importanza della lotta palestinese, allora possono passarla alle prossime generazioni”.
Ahed Tamimi è stata anche cresciuta nell’ammirazione per la zia Ahlam Tamimi, una terrorista stragista che si è vantata in tvdel numero di vittime innocenti che è riuscita a causare nell’attentato alla pizzeria Sbarro di Gerusalemme del 2001.
Di fronte a una tale celebrazione romanticizzata della violenza e del terrorismo, non sorprende che giovani come Ahed Tamimi si diano al lancio pietre e molotov e invochino assassinii e stragi. Nel suo caso, il messaggio è stato alimentato da genitori che l’hanno spronata fin dall’infanzia a prendere parte alle violenze. Alle ragazze e alle donne viene insegnato che l’unico modo per conseguire la leadership femminile è abbracciare la violenza. I valori dell’autoaffermazione e dell’uguaglianza delle donne sono, nel migliore dei casi, subordinati.
Spesso dimentichiamo che Ahed Tamimi è solo una giovane adolescente alla ricerca di un suo ruolo e desiderosa di lasciare un segno. Quindi bisognerebbe stare molto attenti ad esaltarla come un simbolo. Facendola diventare un’icona, si indulge e in definitiva si perpetua un’immagine distorta dell’autoaffermazione femminile. E ci si rende complici della strumentalizzazione di cui è stata oggetto fin dall’infanzia.
Come donna, devo chiedermi quale speranza diamo a ragazze palestinesi come Ahed Tamimi quando edulcoriamo il linguaggio dell’odio, della violenza e del “martirio” sotto le mentite spoglie della leadership, della resilienza e della battaglia delle donne.
La Giornata internazionale della donna è la giusta occasione per offrire loro un esempio alternativo di cosa è veramente l’autoaffermazione delle donne. Diversamente, non faremmo che tradire l’innocenza di queste giovani donne palestinesi.
(Da: Jerusalem Post, 7.3.18)