Un lungo reportage sul contingente UNIFIL è stato pubblicato il 29 gennaio scorso sul Corriere della Sera a firma di Guido Olimpio.
L’articolo descrive una situazione militare che a noi, e ad agenzie e media indipendenti, risulta diversa da come viene presentata. Ciò può dipendere dalle sensazioni percepite dall’articolista e sulle zone visitate, ma è ciò che riferisce circa alcune affermazioni attribuite al comandante del reparto Folgore, di cui parleremo nel prosieguo dell’articolo, che lasciano perplessi.
Nell’articolo si dice che “i terroristi si travestono da contadini”. L’affermazione appare del tutto erronea in quanto un Hezbollah non ha bisogno di nascondersi in Sud Libano agli occhi di chi ha il compito di disarmarli e restituire la sovranità del territorio al legittimo governo libanese, essendo padrone assoluto del territorio. Il gruppo che controlla anche una canale televisivo satellitare, Al-Mana, finanzia tutti i servizi sociali, le scuole, gli ospedali nonché l’agricoltura, ha un peso non indifferente nella politica libanese , e dispone pure di una sorta di banca per il credito del partito. Olimpio continua scrivendo che “, mantengono un profilo basso rivelando solo il volto dei loro martiri, stampati sui manifesti appesi ovunque, e mostrando il colore giallo delle loro bandiere. Accanto appaiono quelle verdi di Amal, l’altra fazione sciita, e le insegne di qualche gruppo minore. Simboli esteriori per marcare le zone di influenza a pochi chilometri dal confine con il «nemico» che neppure menzionano: Israele”.
Quanto descritto appare come una presenza “ossessiva e minacciosa” che non sembra proprio basso profilo
Tutto ciò riporta al dibattito sull’opportunità di tenere in Libano uno schieramento di oltre diecimila uomini che, i fatti lo dimostrano, ha fallito su tutto la linea il compito assegnatogli. Dibattito dal quale ONU e nel nostro caso l’Italia, sembrano assenti e distratti.
Secondo quanto “prescritto” dalla risoluzione 1701, UNIFIL dovrebbe supervisionare e garantire che il Libano adotti “di misure di sicurezza atte a prevenire la ripresa delle ostilità, che preveda l’istituzione, nella zona compresa tra la Linea Blu e il fiume Litani, di un’area priva di personale armato, di posizioni e armi che non siano quelle dell’esercito libanese e delle forze UNIFIL come previsto dal paragrafo 11, che operano in questa zona”.
Una risoluzione, quella dell’ONU, come al solito contradditoria poiché prescrive “l’eliminazione di tutte le forze straniere dal Libano che non abbiano l’autorizzazione dal governo”, facendo intendere quindi che se il governo libanese autorizza o tace, chiunque può costituire a sud del Libano gruppi armati.
Quindi, ancora una volta, l’ambiguità delle Nazione Uniti si evidenzia in tutta la sua tragica realtà e, ove si consideri che il presidente libanese Michel Aoun considera Hezbollah elementi a difesa del Libano e non sembra aver messo in atto quelle disposizioni atte a fermare l’arrivo ingente di materiale bellico dall’Iran verso Hezbollah.
l’Iran quindi, può continuare a gestire, armare e finanziare il gruppo che è, ricordiamo, dal 2013 inserito nella lista dei gruppi terroristici.
In questa situazione UNIFIL si trova chiaramente sotto ricatto perché l’unica cosa che può fare è essere presente ma silente e distratta. Spetterebbe, pertanto, all’ONU, sulla spinta degli stati che fanno parte del contingente, ritirare una forza inane, dispendiosa e per certi aspetti anche controproducente per la pace.
Secondo quanto riporta Guido Olimpio, UNIFIL organizza ”incontri con sindaci e esponenti religiosi di tutte le comunità per colloqui per stabilire rapporti e rispondere alle richieste d’aiuto” e di frequente, continua il giornalista “i nostri militari distribuiscono doni e giocattoli ai bambini che vivono nel settore occidentale. Altri soldati si recano nei paesini a fare acquisti e per contatti diretti con la popolazione” .
Una conferma, qualora ce ne fosse mai stata la necessità, che UNIFIL, ostaggio di Hezbollah, e per certi aspetti del timoroso (nei confronti del gruppo armato) governo libanese, è funzionale alla sua economia.
Che le forze dell’ONU in Libano siano “ostaggio di Hezbollah” lo ha dichiarato il 16 Agosto 2008 ai giornalisti anche Toni Nissi , coordinatore generale del Comitato di Monitoraggio internazionale-libanese per la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1559 (2004), smentendo in questo modo quanto affermato la settimana prima dal comandante delle forze UNIFIL in Libano, il generale italiano Claudio Graziano, il quale aveva sostenuto che “Hezbollah starebbe sostanzialmente rispettando la risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1701 (2006), che ha posto termine alla seconda guerra in Libano”. (cfr. JPost)
L’organizzazione ha il controllo sistematico sul territorio ed arriva anche al punto di utilizzare i bambini per la coltivazione dell’hashish. (Linda Lovitch del quotidiano JOL http://www.jerusalemonline.com/news/middle-east/the-arab-world/hezbollah-uses-children-to-farm-hashish-27014).
A sud del Fiume Litani migliaia di soldati, tra cui qualche migliaio di italiani, “non vedono” che Hezbollah si arma, diventa stato e coltiva droga sfruttando il lavoro minorile.
Il milione di dollari recentemente stanziato dal governo italiano a favore della popolazione, è linfa per Hezbollah che si guarda bene dal creare attriti con UNIFIL, il quale appare come il suo miglior benefattore per l’indotto che la sua presenza comporta, oltre, ovviamente, all’Iran che finanzia, arma ed addestra il gruppo paramilitare in funzione anti Israele ma non solo.
Ma come dicevamo all’inizio, lascia perplessi e allibiti la notizia riportata da Olimpio, secondo cui “oggi le pattuglie hanno un approccio flessibile, svolgono il loro compito senza offendere. Quando entrano in un villaggio rimuovono la mitragliatrice, procedono a passo d’uomo e periodicamente fanno acquisti in mercatini”.
“La popolazione ha gradito, dobbiamo essere meno invasivi e conquistarci il sostegno” avrebbe affermato il comandante del reggimento folgore dispiegato nell’area.
Dallo Stato Maggiore della Difesa ci confermano che questa disposizione è in vigore da almeno otto anni, seguendo le direttive/raccomandazioni inserite nella risoluzione ONU 1701 che ha autorizzato il dispiegamento della forza multinazionale, anche se viene precisato che le armi quando i militari entrano a piedi e camminano all’interno dei mercati o delle strade, le tengono con loro, ma in modo non molto visibile.
Però dalle parole di Olimpio sembrerebbe che la disposizione si attua all’interno del settore di competenza UNIFIL.
Strano, qui in Italia l’esercito schiera pattuglie di militari con tanto di fucile ben in vista e la situazione non è certo di “conflitto”, e in zona di guerra, anche se latente, disarmiamo i nostri uomini o li facciamo camminare con armi non in vista.
Ma la mitragliatrice perché viene smontata dal tetto del veicolo?
Da una attenta lettura della risoluzione 1701, non abbiamo trovato traccia di disposizioni e/o raccomandazioni che giustifichino, a livello ONU, un tale comportamento; rileviamo al para 12 (*) che UNIFIL deve ” ….. proteggere il personale, le attrezzature, le installazioni e l’equipaggiamento delle Nazioni Unite, garantire sicurezza e libertà di movimento al personale umanitario delle Nazioni Unite e, senza pregiudizio alla responsabilità del Governo Libanese, proteggere i civili dalla minaccia imminente di violenza fisica”.
Attuando disposizioni del genere UNIFIL rispetta la risoluzione 1701 ?
In ogni caso, pensiamo che nessun comandante, in zona di guerra, e il Sud del Libano fino a prova contraria è zona di guerra considerata la presenza massiccia di gruppi armati che dovrebbero essere stati disarmati da UNIFIL, possa pensare di disarmare i suoi uomini, o metterli in condizione di difficoltà a reagire a minacce improvvise, per aggraziarsi le simpatie della popolazione, né sembra che questo sia scritto nei manuali di guerra.
Pensiamo quindi che la sicurezza del personale sia messa seriamente a rischio, anche in considerazione del fatto che la popolazione è ben lungi dall’essere quietata come si riporta.
E di episodi di violenza se ne contano diversi. Lorenzo trombetta, editorialista di Limes riporta su Limes i fatti del 19 Luglio 2013, quando un gruppo di civili ha impedito ai militari di UNIFIL di entrare nell’agglomerato urbano senza prima consegnare loro le macchine fotografiche. Poi c’è l’attentato del 2011 quando un mezzo italiano è stato oggetto di un attacco che ha provocato 6 feriti, e l’attacco contro truppe spagnole e colombiane che ha provocato 6 morti.
Nel 2016, quindi in tempi non lontani, l’intelligence ha lanciato l’allerta per possibili attacchi contro le truppe internazionali.
“I soldati italiani presenti nel sud del Libano nuotano ora in un mare di terroristi”, scriveva Trombetta.
Hezbollah è forte oltre 45 mila uomini pesantemente armati e dispongono un arsenale di 120 mila razzi tipo Grad, Fajr, Fateh e Zelzal di fabbricazione iraniana, droni, missili terra – mare, missili anti carro e sistemi anti aerei di fabbricazione russa di ultima generazione.
“La missione di peacekeeping e interposizione dell’Onu al confine tra Libano e Israele è «cieca» dinanzi al «traffico di armi» diretto al movimento sciita libanese Hezbollah” ha dichiarato nel 2017 Nikki Haley, l’ambasciatrice Usa all’Onu.
Ma già nel 2009 Miriam Bolaffi si chiedeva “come sia obbiettivamente possibile che un volume così consistente di armi sia passato sotto gli occhi di migliaia di soldati dell’ONU senza che essi se ne accorgessero e, soprattutto, come sia possibile che un osservatore esterno riesca a individuare con precisione i depositi di armi di Hezbollah ma non lo facciano i militari di UNIFIL con tutte le attrezzature in loro possesso e coperti dal mandato ONU”
Ed ancora “Perché UNIFIL ha permesso a Hezbollah, un gruppo riconosciuto come terrorista, di riarmarsi? Perché viene implicitamente riconosciuto a Hezbollah di avere un potentissimo apparato militare quando legalmente questo non sarebbe possibile all’interno di uno Stato sovrano? Perché persone come Hassan Nasrallah non vengono arrestate?
Eppure le direttive ONU sono chiare. Ne riportiamo alcuni stralci: para 3, 5 e 8 della Risoluzione:
- 3. Sottolinea l’importanza dell’estensione del controllo del governo del Libano su tutto il territorio libanese come previsto dalle disposizioni della risoluzione 1559 (2004) e della risoluzione 1680 (2006), e dalle disposizioni degli Accordi di Taif, per l’esercizio della sua piena sovranità, in modo tale che non possano esserci armamenti senza il consenso del governo del Libano e non possa esserci altra autorità che quella del governo del Libano;
- 5. Ribadisce inoltre il proprio forte sostegno, come previsto in tutte le sue principali, precedenti risoluzioni, per l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza politica del Libano all’interno dei confini riconosciuti dalla comunità internazionale, come contemplato dall’Accordo di armistizio generale israelo-libanese del 23 marzo 1949 – 8 (par. 3) la piena attuazione dei regolamenti previsti dagli Accordi di Taif e dalle risoluzioni 1559 (2004), 1680 (2006), che impongono il disarmo di tutti i gruppi armati in Libano, in modo che, in accordo con la decisione del gabinetto libanese del 27 luglio 2006, non possano esserci armi o autorità in Libano se non quelle dello Stato libanese;)-
Se ne deduce, pertanto, che UNIFIL avrebbe dovuto disarmare i gruppi terroristici e garantire al legittimo governo libanese, in verità molto ondivago e timoroso sulla questione Hezbollah, la sovranità sul territorio, ma è finito per essere funzionale e sotto controllo di Hezbollah che a Sud del Fiume Litani, ha un governo, un esercito pesantemente armato, controlla l’economia e la finanza, scuole e ospedali.
Solo il farisaismo delle Nazioni Unite può ritenere UNIFIL, operante a queste condizioni, sia utile alla pace.
Michele Santoro
Erroneamente indicato in para 1.