Giovani arabi israeliani decisi a far conoscere il vero volto di Israele
Un piccolo e inaspettato ma molto determinato dream team, interamente costituito da membri delle minoranze d’Israele, si appresta a intraprendere un tour di incontri e conferenze negli Stati Uniti (e forse successivamente in Europa), deciso a dare il proprio contributo allo sforzo di smontare le campagne denigratorie anti-israeliane che circolano, soprattutto nei campus universitari, e in particolare quelle che dipingono Israele come un paese che discrimina e opprime i cittadini delle sue comunità di minoranza.
Provenienti da diverse località del paese, i partecipanti alla delegazione esprimono apertamente la loro comune convinzione secondo cui, al contrario, Israele è un paese che, pur lungi dall’essere perfetto, tuttavia offre loro pari opportunità: una condizione tutt’altro che scontata anche in varie democrazie, per non dire degli altri paesi dell’area mediorientale. Dichiarandosi fiduciosi nelle opportunità garantite da Israele, i membri dell’insolita delegazione si dicono determinati a diffondere il loro messaggio e a contrastare la propaganda delle calunnie, spesso capitanata dai movimenti BDS (per il boicottaggio di Israele).
Dima Tiya, 25 anni, araba musulmana originaria di Qalansawe, oggi vive a Kafr Manda, nella Bassa Galilea. In ottimo inglese, Tiya spiega come siamo i suoi ideali a spingerla a condividere le sue esperienze in Israele. “Lo stato di Israele è importante per me a livello personale – dice Dima – ed è importante per tutte le minoranze che ci vivono. Sono felice di rappresentare Israele. Mio padre è un liberale e mi ha insegnato il significato della coesistenza”.
Diversa la situazione di Qassem Halila, 24 anni, arabo musulmano originario di Iksal, nel nord di Israele. Qassem spiega di aver accettato di partecipare all’iniziativa nonostante molti famigliari e amici lo abbiano pesantemente osteggiato. “Pago un prezzo personale pesante per le mie opinioni – spiega Qassem – Un cugino mi ha buttato fuori casa, uno zio mi ha impedito di partecipare a un matrimonio, e sono stato anche cancellato dal gruppo di famiglia su WhatsApp”. Ma questo ostracismo non gli fa cambiare opinione sul carattere del paese. “Fortunatamente i miei genitori mi sostengono – aggiunge Qassem – Ogni fine settimana torno al mio villaggio e resto convinto che questo sia uno stato ebraico e allo stesso tempo democratico. Mi sento uguale in tutto e non mi sento discriminato”.
Anche Bassem A’yid, 59enne palestinese di Beit Hanina (Gerusalemme est), è alla sua prima esperienza come “ambasciatore” d’Israele e sottolinea in modo particolare l’impatto negativo che i boicottatori hanno innanzitutto sui palestinesi. “Il movimento BDS mette a rischio i mezzi di sostentamento di centinaia di migliaia di palestinesi – protesta A’yid – Mi sono unito a questa delegazione per difendere l’economia palestinese, non per mettere in pericolo la mia vita con le mie opinioni. E’ quello che intendo dire in ogni luogo in cui andremo negli Stati Uniti”.
Jonathan Alhori, 25 anni, arabo cristiano di Haifa, figlio di un ufficiale dell’Esercito del Sud del Libano, si dice convinto dell’importanza della missione per cercare di aprire gli occhi a molti che sono disinformati. “Sarà un viaggio estremamente intenso, una missione molto importante” dice Jonathan. E aggiunge fiducioso: “Persone che non hanno mai nemmeno sentito parlare dell’esistenza di minoranze all’interno di Israele ci incontreranno per la prima volta, e quando mi incontreranno e mi ascolteranno cambieranno molte loro opinioni”.
Anche Dima dice di voler contestare l’ostilità verso Israele che negli Stati Uniti e in Europa si alimenta di disinformazione. “Pensano che viviamo nel deserto – dice – e spesso i mass-media diffondono informazioni pregiudizialmente anti-israeliane. Io voglio rappresentare il volto bello di Israele”.
Sabato sera la delegazione sbarcherà negli Stati Uniti per iniziare il suo tour. Successivamente verrà raggiunta da Ram Assad, 25enne druso di Isfiya (sul massiccio del Carmelo), e dal 27enne Mohammed Ka’abiyye, originario del villaggio beduino di Kauabiyye, nella valle di Jezreel (nel nord Israele).
Il tour, organizzato dalle ong Students Supporting Israel e Reservists on Duty e finanziato da enti e cittadini privati, durerà quattordici giorni durante i quali la delegazione incontrerà, fra l’altro, gli studenti di ben 12 università americane.
(Da: YnetNews, 11.10.17)