Come gli ebrei nel ’48, i curdi sanno che la loro storia, lingua e cultura possono essere tutelati solo ottenendo gli stessi diritti delle altre nazioni indipendenti
Editoriale del Jerusalem Post
In giallo: regioni abitate da curdi. In rosso: governo regionale curdo in Iraq. Tratteggio: aree contese.
Nello stato di cose generalmente lugubre della tragedia umana in corso in Siria, il governo israeliano ha per lo meno gettato un po’ di luce sulla lotta del popolo curdo per l’indipendenza.
In una serie di segnali diplomatici attesi da tempo, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha promosso l’indipendenza curda davanti a un uditorio di congressisti americani in visita in Israele, mentre si apprende che una delegazione di leader curdi è venuta di recente a Gerusalemme a chiedere il sostegno di Israele.
Non c’è dubbio che l’iniziativa diplomatica di Netanyahu – che è suo compito, dal momento che ricopre anche la carica di Ministro degli esteri – è logica semplicemente perché è la cosa giusta da fare. La presa di posizione di Israele pone fine, sul piano diplomatico, a decenni di inerzia morale che rasentava l’opportunismo, in modo analogo al riconoscimento del genocidio armeno per mano degli ottomani: anch’esso a lungo ritardato per non offendere i sentimenti dei turchi, che erano nostri alleati. Ora, invece, importa poco cosa Erdogan possa avere da ridire. Il sostegno di Israele ai curdi arriva in un momento cruciale: per il 25 settembre è previsto un referendum sull’indipendenza della regione del Kurdistan in Iraq.
La nuova posizione di pubblico appoggio ha debuttato la settimana scorsa in un incontro del primo ministro con una delegazione di 33 congressisti repubblicani statunitensi. Netanyahu ha detto ai legislatori americani di essere favorevole all’istituzione di uno stato curdo indipendente nella regione irachena settentrionale, dove i curdi godono già di una sovranità di fatto. Netanyahu ha parlato della sua “posizione positiva” verso uno stato curdo dicendo che i curdi sono un “coraggioso popolo pro-occidentale che condivide i nostri valori”. Successivamente è giunta la notizia, confermata al Jerusalem Post dalla parlamentare laburista di Unione Sionista Ksenia Svetlova, che alti esponenti curdi iracheni sono venuti in visita in Israele nelle scorse settimane e hanno esortato Gerusalemme a sostenere la loro indipendenza, chiedendo anche di inoltrare a Washington la richiesta di fare altrettanto.
Non siamo d’accordo con la posizione degli Stati Uniti secondo cui attualmente, con la vittoria sull’ISIS e un primo ministro iracheno che sta avendo qualche successo, non sarebbe il momento di “agitare le acque” con l’indipendenza curda. Al contrario, siamo convinti che uno stato curdo indipendente sarebbe un bene per il Medio Oriente. Michael Oren, vice ministro presso l’Ufficio del primo ministro israeliano, ha detto che le osservazioni di Netanyahu di fronte alla delegazione americana, oltre alla questione del referendum sono anche frutto della consapevolezza di Gerusalemme della “rapidità con cui l’Iran sta consolidando le sue posizioni nella regione e in Iraq, e del fatto che uno stato curdo contrasterebbe questo trend”. Il che dunque, per combinazione, non è solo la cosa giusta da fare, ma anche il momento e il posto giusto.
Per quante ripercussioni possa eventualmente avere sulla calma di cui attualmente godiamo, è giunto il momento che la gente prenda in considerazione un altro popolo che merita almeno altrettanto, e verosimilmente assai di più, dei palestinesi. L’imperativo morale è più chiaro che mai: essendo un paese che ebbe estremo bisogno di qualunque aiuto possibile, nel 1948, per difendere la nostra vita libertà e indipendenza, è la nostra stessa coscienza che ci guida in questo 2017.
Fortunatamente oggi possiamo agire in quanto stato sovrano, nel nostro interesse nazionale: in particolare per quanto riguarda la minaccia genocida iraniana alla nostra esistenza. Un Kurdistan indipendente non solo amplierebbe le preoccupazioni della Turchia circa le rivendicazioni di indipendenza della sua stessa popolazione curda, ma costituirebbe anche un ostacolo formidabile ai tentativi iraniani di creare una “mezzaluna islamista” dall’Iraq alla Turchia. Alla luce dell’impennata dell’aggressione iraniana in Medio Oriente, uno stato curdo sovrano rappresenterebbe un ostacolo alla via di terra che metterebbe in collegamento il più grande sponsor mondiale del terrorismo con le sue succursali in Siria e in Libano. Una delle strategie più efficaci che Israele può adottare è riconoscere il Kurdistan indipendente e sostenerlo pienamente, anche militarmente, in un’alleanza contro l’Iran. Il capo della potente