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Decolonizzare la Palestina: una visione alternativa per la pace

Perché si affermi la pace, l’imperialismo coloniale arabo-islamico deve terminare …
In un editoriale sul New York Times, il politologo Ali Jarbawi ha scritto le seguenti sagge parole: “Più a lungo dura un’occupazione coloniale, tanto più tendono a crescere il razzismo e l’estremismo dei coloni. Ciò è particolarmente vero se gli occupanti incontrano resistenza: a quel punto la popolazione occupata diventa un ostacolo che deve essere rimosso o costretto a sottomettersi attraverso l’espulsione o l’omicidio”. La sua ipotesi è che Israele sia una potenza coloniale e che i palestinesi siano una autonoma popolazione autoctona.
Propongo un’ipotesi alternativa: gli ebrei sono un autonomo popolo autoctono in Palestina/Terra d’Israele, e l’attuale entità politica palestinese è l’espressione locale di un impero coloniale arabo-islamico. Si tratta di un cambiamento di paradigma che comporta importanti implicazioni per la comprensione del conflitto in Medio Oriente e delle vie per arrivare alla pace.
Nel suo saggio Who is indigenous? Peoplehood and ethnonationalist approaches to rearticulating indigenous identity, Jeff J. Corntassel propone quattro criteri, che riassumo. I membri di un popolo indigeno (1) si considerano atavicamente correlati e identificano se stessi, sulla base di narrazioni orali e/o scritte, come discendenti degli abitanti originari del loro terre ancestrali; (2) hanno proprie istituzioni e reti di relazioni politiche, economiche e sociali, formali e/o informali, e proprie tradizioni culturali in continua evoluzione; (3) parlano una lingua autoctona; (4) distinguono se stessi dalla società dominante e/o da altri gruppi culturali mentre mantengono uno stretto rapporto con le loro terre ancestrali ed eventuali luoghi sacri.
Gli ebrei rispondono chiaramente a questi criteri. Ritengono che la nazione ebraica è nata in Terra d’Israele/Palestina. Per secoli il giudaismo è stata la sua religione di stato, l’ebraico la sua lingua e Gerusalemme la sua capitale. La nazione ebraica è stata conquistata e occupata da una serie di imperi stranieri: gli assiri, i babilonesi, i romani, gli arabi, i turchi ottomani e gli inglesi. Ebrei hanno vagato e si sono stabiliti un po’ in tutto il mondo, ma non hanno mai dimenticato il loro legame con la Terra d’Israele/Palestina. Questo stato di fatto venne riconosciuto dagli inglesi già nel 1922, quando il British Colonial Office scrisse alla Delegazione araba di Palestina:
“Questa comunità, con la sua popolazione urbana e rurale, le sue organizzazioni politiche, religiose e sociali, la sua lingua, i suoi costumi, la sua stessa vita, è dotata effettivamente di caratteristiche ‘nazionali’.
Alla domanda che cosa si intenda per sviluppo del ‘focolare nazionale ebraico’ in Palestina, si può rispondere che non è l’imposizione di una nazionalità ebraica all’insieme degli abitanti della Palestina, ma l’ulteriore sviluppo della comunità ebraica che già esiste, con l’assistenza degli ebrei da altre parti del mondo, in modo che possa diventare un centro in cui il popolo ebraico nel suo insieme possa trovare interesse e dignità, in base a etnia e religione. Ma affinché tale comunità possa avere le migliori prospettive di libero sviluppo e possa offrire piena opportunità al popolo ebraico di dispiegare le sue capacità, è essenziale che si sappia che essa si trova in Palestina a pieno diritto e non per condiscendenza. Questo è il motivo per cui è necessario che l’esistenza di un focolare nazionale ebraico in Palestina sia garantita a livello internazionale, e sia formalmente riconosciuto il fatto che si basa su un antico legame storico”.
La seconda metà della mia ipotesi non nega l’esistenza di palestinesi. E’ chiaro che essi costituiscono un riconoscibile gruppo autodefinito. La mia ipotesi è che l’attuale entità politica dei palestinesi esiste come manifestazione di un impero coloniale arabo-islamico. Oltre a condividere la lingua, la religione e la cultura portate in Palestina dalle invasioni arabe, i palestinesi non parlano di se stessi come di un’entità distinta, separata dalla grande nazione araba regionale. Nel 1922, la Delegazione araba di Palestina negava lo status autoctono del popolo ebraico: “Abbiamo dimostrato più volte che il presunto legame storico degli ebrei con la Palestina si fonda su dati storici molto tenui”. I palestinesi fondavano la loro rivendicazione sulla base della lunga colonizzazione araba della Palestina: “Gli arabi, da parte loro, sono insediati nel paese da più di 1.500 anni e sono gli attuali proprietari del territorio”.
Un popolo autoctono può condividere la sua patria. Gli ebrei non pensano che tutta la Terra d’Israele debba appartenere al popolo ebraico. Pensano che il popolo ebraico appartenga alla Terra d’Israele. E’ l’impero coloniale quello che non può permettere che un solo centimetro quadrato di terra passi sotto sovranità della popolazione autoctona. Gli imperialisti coloniali ritengono che tutta la terra debba appartenere a loro e che qualunque porzione di terra controllata dalla popolazione autoctona sia “rubata”. Il Carta fondamentale dell’Olp recita: “Il destino della nazione araba e, invero, la stessa esistenza araba dipendono dal destino della causa palestinese”. Il conflitto intorno all’affermazione di uno stato nazionale per l’autoctono popolo ebraico non è solo una contesa su un pezzo di terra, ma su una minaccia alla legittimità di tutto il progetto di insediamento coloniale arabo-islamico.
Perché si affermi la pace, questo imperialismo coloniale arabo-islamico deve terminare.
Marc Allan Feldman
(Da: Times of Israel, 1.9.14)

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