Giusto alcune precisazioni e puntualizzazioni su una ricostruzione e un’analisi, per certi versi anche interessanti, lette qualche giorno addietro. Precisazioni e puntualizzazioni che riporto secondo un personale ordine di importanza, di priorità, piuttosto che in funzione della successione discorsiva dei fatti narrati.
Leggo che … “Le multinazionali della morte appena finito di parlare con Saddam alzavano la cornetta e chiamavano Teheran. «Ho appena venduto all’Iraq 200 carri armati ma a te ti do a un prezzo stracciano questa batteria anticarro»”.
In realtà, a fare il doppio gioco, fornendo armi a entrambi i contendenti, furono in tanti, innanzitutto i regimi comunisti e la Cina.
Tra il 1980 e il 1988, l’Iraq ricevette armamenti per poco meno di 17 miliardi di dollari dall’Unione Sovietica, per circa 4 miliardi e mezzo dalla Francia e altrettanto dalla Cina, per quasi 600 milioni dal Brasile, per 300 milioni dall’Egitto, per 200 milioni o poco meno da Stati Uniti, Austria, Polonia, Sud Africa, Romania, Cecoslovacchia, eccetera.
L’Iran, dal canto suo, ricevette armamenti per 2 miliardi di dollari dalla Cina, per oltre 900 milioni dalla Corea del Nord, per 300 milioni dall’Unione Sovietica e altrettanto dall’Austria, per poco più di 200 milioni da Libia, Siria e Italia, per poco meno dal Regno Unito e, a seguire, dalla Francia, …, per circa 60 milioni dagli Stati Uniti, eccetera. (fonte:SIPRI, Stockholm International Peace Research Institute – http://armstrade.sipri.org/armstrade/page/values.php)
Per quanto concerne l’ingresso in Iraq di cianuro, sale derivante dall’acido cianidrico (il gas cianuro non esiste!), dato per certo, come all’epoca asserito dal Financial Times, che l’industria chimica americana di un uomo d’affari d’origini irachene ve l’abbia esportato fino al 1990, va evidenziato come si tratti di uno di quei prodotti cosiddetti dual use, a duplice uso, sia civile che militare, la cui regolamentazione e il cui controllo non sempre si sono rivelati, a tutt’oggi, facili o immediati. Senza nulla togliere a responsabilità che certamente ci sono, quantomeno a livello di servizi d’intelligence.
Con i componenti chimici di base, ordinati a una moltitudine di fornitori internazionali, l’Iraq produsse da sé gas nervini per uso militare.
Leggo, ancora, con riferimento a curdi e sciiti che non abbassavano la testa … “Quando Saddam gli riversò contro le armi chimiche fornitegli dagli USA in chiave anti-iraniana nessuna istituzione statunitense parlò di genocidio, di diritti umani violati, di terrorismo islamico. Saddam era ancora un buon amico. L’amichevole stretta di mano tra il leader iracheno e Donald Rumsfeld, all’epoca inviato speciale di Reagan, dimostra quanto per gli USA la violenza è un problema a giorni alterni”.
Come detto, né Stati Uniti, né alcun altro paese fornirono all’Iraq armi chimiche, bensì componenti chimici di base. E l’America molto, molto meno di tanti altri!
Per quanto concerne, poi, la visita di Rumsfeld a Baghdad, è vero che essa fu probabilmente assai inopportuna, ma è altrettanto vero che l’amichevole stretta di mano risale al periodo 1983-1984, allorché Rumsfeld fu l’inviato speciale di Reagan nel Vicino Oriente.
Appena quattro, cinque anni prima, quindi, della strage di Halabja del 16 marzo del 1988!
Gli Stati Uniti vendettero, invece, armi all’Iran in cambio anche della liberazione di alcuni ostaggi di Hezbollah in Libano, in quello che è comunemente noto come Irangate. Parte dei proventi fu utilizzato per finanziare segretamente i Contras, guerriglieri nicaraguensi antisandinisti. Si trattò di una vicenda eclatante, grave, complicata e controversa, che causò una durissima presa di posizione da parte di stampa e opinione pubblica occidentale e statunitense in particolare. Propria poiché, sembra, controversa e complicata, non riterrei giusto che venga trattata in maniera troppo semplicistica. Ne lascerei le valutazioni, … morali, politiche o storiche non importa …, a chi ne abbia DAVVERO le competenze!
Io non sono filoamericano, così come non sono filoniente!
Provo, però, a ricercare, per quanto mi riesce, la correttezza e l’obiettività delle informazioni che riporto. Sempre!
In merito all’invasione del Kuwait, avviata il 2 agosto del 1990 dall’Iraq di Saddam Hussein, leggo che … “La conquista irachena del Kuwait metteva in pericolo gli interessi economici statunitensi. Una cosa inaccettabile per chi da anni lavora per il controllo mondiale del petrolio”.
Alcune precisazioni.
Il Kuwait era stato un buon alleato dell’Iraq durante la guerra contro l’Iran, tanto da dover subire, da parte di quest’ultima e a più riprese, il bombardamento dei suoi depositi di carburante sull’isola di Bubiyan.
Alla fine del conflitto, però, l’Iraq non era nelle condizioni di restituire alcuno dei miliardi di dollari ricevuti in prestito e, di fronte all’indisponibilità del vecchio alleato a condonare il debito, non vide di meglio, per dirimere la questione e soddisfare, nel contempo, le sue mire espansionistiche, che invadere un paese sovrano e indipendente, con mezzo milione di profughi e alcune migliaia di morti tra i civili!
Stante l’inefficacia delle sanzioni economiche applicate sulla base della risoluzione 661 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, adottata il 6 agosto del 1990, una seconda risoluzione, la 678 del 29 novembre, diede tempo, alle truppe d’occupazione irachene, fino alla metà di gennaio del 1991 per lasciare il territorio kuwaitiano. Scaduto invano l’ultimatum, una coalizione di oltre trenta paesi si attivò per la liberazione del Kuwait, in quella che è passata alla storia come prima guerra del Golfo.
Leggo, inoltre, che … «I bombardamenti USA causarono oltre 30.000 bambini morti».
FALSO! In realtà, trentamila sarebbero state, secondo stime ritenute addirittura sovrastimate, le perdite subite dall’esercito iracheno. Molte, molte meno le vittime civili.
Va, poi, osservato come il governo del Kuwait abbia sempre mantenuto il pieno e assoluto controllo e possesso delle risorse di petrolio del suo territorio, sia prima che dopo la guerra del Golfo!
Leggo, ancora, che … «Saddam, con l’enorme denaro ricavato dalla vendita di petrolio, cambiò radicalmente il Paese. Sostituì la legge coranica con dei codici di stampo occidentale, portò la corrente fino ai villaggi più poveri, fece approvare leggi che garantivano maggiori diritti alle donne. L’istruzione e la salute divennero gratuite per tutti. In quegli anni di profonda instabilità regionale il regime di Saddam divenne un esempio di ordine e sicurezza».
Prima che io prosegua, una doverosa precisazione. Prescindendo dalla bontà o meno di Saddam Hussein, … intendo bontà d’animo, bontà come presidente iracheno, bontà come qualsiasi cosa si voglia …, bontà sulla quale non ho né competenza, né conoscenza per potermi esprimere …, non sono mai stato pienamente convinto del fatto che la sua destituzione avrebbe portato così tanti benefici.
Così come non mi ha mai persuaso la destituzione di un altro discusso e assai discutibile personaggio, il libico Mu’ammar Abu Minyar al-Qadhdhafi. So di essere sempre lo stesso signor nessuno che ero fino a ieri, che a leggere queste mie righe saremo io e pochi amici, … mia madre, se le accendo il computer che fu di mio padre …, ma affermo presuntuosamente di non dire castronerie. Qualcuno volesse accertarsene, vada a rivedere vecchi post datati tra marzo e maggio del 2011!
Esaurita la doverosa precisazione, mi corre l’obbligo di qualche appunto a quanto letto e sopra riportato.
Già prima dell’avvento di Saddam Hussein, con l’istituzione della repubblica, il 14 luglio del 1958, l’Iraq aveva intrapreso la via della laicizzazione dello stato. Percorso reso ancora più netto ed evidente dall’avvento al potere del partito Ba’th, di ispirazione panaraba e socialista, a febbraio del 1963.
In merito alla “corrente fino ai villaggi più poveri”, in realtà Saddam Hussein, ad appena un anno dalla presa assoluta del potere e fino al 1988, fece precipitare il paese nella guerra più lunga e cruenta della sua storia, quella contro l’Iran, con oltre mezzo milione di morti in ciascuno dei due schieramenti. È oltremodo difficile, quindi, che la corrente elettrica sia arrivata fino ai villaggi più poveri e remoti, o che istruzione e salute siano state garantite a tutti, ovvero ancora che si possa parlare dell’Iraq di quegli anni come di un vero e proprio esempio di ordine e sicurezza! Con tutto il rispetto per chi simili affermazioni porta avanti, usufruendo di una platea e di una risonanza un po’ più vasta dei quattro o cinque amici di buon cuore …!
Una precisazione storica, poi!
Con la caduta, nel 1922, dell’Impero Ottomano, la Società delle Nazioni, rispettando sostanzialmente l’accordo Sykes-Picot, stipulato il 16 maggio del 1916 tra Francia e Gran Bretagna, affidò alla Gran Bretagna il cosiddetto Mandato britannico della Palestinafinalizzato, da un lato, alla creazione di quel national home previsto nella dichiarazione di Balfour del 1917, a beneficio non soltanto degli ebrei che già risiedevano, da secoli, in quei territori, ma anche delle masse di immigrati che vi si riversarono a seguito di quella stessa dichiarazione; dall’altro, a mantenere la promessa britannica, di tenore opposto, di donare la Palestina ai paesi arabi per l’aiuto ricevuto contro l’Impero Ottomano.
Difficoltà oggettive, legate essenzialmente ai dissapori tra le parti coinvolte, ai frequenti scontri e alla primordiale incapacità di accettarsi reciprocamente, fecero sì che, di fatto, ilMandatory Palestine durasse fino al 1948.
Una precisazione storica e geografica, quindi!
Leggo che … «A Sèvres, nel 1921, Francia e Gran Bretagna si spartirono i possedimenti mediorientali dell’ormai decaduto Impero Ottomano. Alla Francia andarono Libano e Siria, alla GB la Palestina, la Transgiordania e l’odierno Iraq. I confini vennero segnati utilizzando matite, righelli e, probabilmente, sotto l’influsso di qualche coppa di champagne. Altrimenti come ci si potrebbe spiegare l’invenzione folle del Regno dell’Iraq, uno stato abitato, oltre che da decine di minoranze, da tre popolazioni profondamente diverse tra loro: i curdi, gli sciiti e i sunniti?».
Va ricordato che, nella delimitazione dei confini del Regno dell’Iraq, nato con l’incoronazione, nel 1921, di Faysal I, alla fine del Mandato britannico della Mesopotamia, si cercò di ricalcare, per quanto fosse possibile, l’antico territorio della Mesopotamia.
La presenza di minoranze etniche, poi, seppure si possa pensare o dire che sarebbe sempre meglio evitarla, non rappresenta storicamente un caso isolato, se è vero, come è vero, che minoranze si ritrovano diffusamente anche in stati moderni, evoluti e di istituzione recente, senza che tutto ciò rappresenti, di per sé, qualcosa di trascendentale o necessariamente alla base di tragici conflitti interetnici.
Leggo, infine, che … «L’Italia, ora che ne ha le possibilità, dovrebbe spingere affinché la UE promuova una conferenza di pace mondiale sul Medio Oriente alla quale partecipino i paesi dell’ALBA, della Lega araba, l’Iran, inserito stupidamente da Bush nell’asse del male e soprattutto la Russia».
La vedo dura!
Innanzitutto, in quanto non mi è chiaro quali interessi ad adoperarsi potrebbero avere i paesi dell’Alleanza Bolivariana per le Americhe, progetto di cooperazione politica, sociale ed economica tra i paesi dell’America Latina e i paesi caraibici!
Secondo, perché mi risulta che assolutamente e irrimediabilmente contrari allo Stato Islamico siano gli sciiti dell’Iran, la gran parte dei paesi aderenti alla Lega Araba, indirettamente la stessa Russia, tra i principali sostenitori del regime siriano, altro acerrimo nemico dello Stato Islamico.
Concludo!
Si potrebbe proporre, a coloro i quali ripongono così tanta fiducia nel confronto con una cultura, mi spiace dirlo, troppo diversa e, in questo contesto storico, troppo incattivita nei confronti della nostra e di qualsiasi altra, … si potrebbe proporre, a coloro i quali credono ciecamente di poter dialogare con chi decapita il nemico, con chi fa strage di prigionieri, con chi sequestra le donne per farne schiave, … si potrebbe proporre loro di fare strada, … di farsi avanti, non solo a parole, … di metterci la faccia.
Dovessero perderci la testa, … non devono preoccuparsi, … sono certo che verrebbero riservate loro commemorazioni di prim’ordine …!
Sikeloi