E’ silenzioso lo smottamento politico istituzionale che sta avvenendo in Pakistan. Dopo la marcia su Islamabad organizzata dal leader dell’opposizione Imran Khan, per chiedere le dimissioni di Nawaz Sharif, a cui il governo ha risposto con un atto di paura sigillando la capitale con containers facendola presidiare dall’esercito, appare chiaro che la politica sta ritornando indietro sotto l’ala protettiva dell’esercito, da sempre vero ed incontrastato padrone del paese.
Nawaz Sharif appare all’angolo ed incapace di qualsiasi azione politico istituzionale e quindi, come riportano fonti interne al governo, la settimana scorsa ha inviato due suoi fidi collaboratori per consultarsi con il capo di stato maggiore dell’esercito (COAS) , Generale Raheel Sharif, per cercare di capire se si stessero preparando altre marce su Islamabad o che fosse in preparazione un colpo di stato.
Sempre secondo fonti interne al governo, Nawaz Sharif avrebbe ricevuto l’assicurazione che nessun colpo di stato era in preparazione, ma, e qui sta il cambio di passo dell’esercito, se Nawaz vuole continuare a governare, dovrà condividere il potere con l’esercito.
Un governo ufficiale e un governo ombra guidato dai militari, la nuova strategia del COAS riporta quindi l’esercito in primo piano nel governo del paese, anche se non va dimenticato che l’esercito seppur non sotto il riflettori, è sempre stato il punto di riferimento politico amministrativo del paese.
Questo accordo, o meglio questo “out out” dei militari a Nawaz Sharif parte proprio dalla consapevolezza del COAS della debolezza del primo ministro e dal fatto che senza la benevolenza dell’esercito le proteste inevitabilmente scemeranno di intensità fino ad esaurirsi.
Un prezzo altissimo che Nawaz Sharif, definito da un ministro del suo governo come “il grande perdente” ridimensionato dai suoi rivali politici e dal grande fratello, ovvero l’esercito del Pakistan, è costretto a subire.
I militari potranno decidere in piena autonomia su tutto quanto il primo ministro volere gestire personalmente, a cominciare dalla lotta contro i talebani (figli dell’ISI e quindi dello stesso esercito pakistano), sui rapporti con il nemico storico, cioè l’India, ed infine, sul ruolo del Pakistan sul post NATO in Afghanistan.
Alla lunga quindi, la lotta che Nawaz Sharif ha ingaggiato contro l’esercito, probabilmente per prendersi una rivincita sul colpo di stato incruento del 1999 di Pervez Musharraf che lo ha detronizzato dalla sua poltrona di primo ministro, ha un suo vincitore, l’esercito, ed e due perdenti, Nawaz Sharif e il paese.
Sharif ha sostanzialmente commesso due grandi peccati .Il primo è di aver pensato che gli USA che gli hanno consentito di defenestrare Musharraf lo aiutassero in qualche modo a mantenere il potere, e il secondo, capitale, quello di aver pensato di mettere all’angolo il potente grande fratello, l’esercito e di aprire all’Islam