(Yigal Walt) Gli arabi in tutto il Medio Oriente stanno sostenendo sempre più l’islam come risposta a tutti i mali della regione, esprimendo una potente nostalgia per un’era di glorie passate. Cosa che accade nonostante il fatto che il periodo d’oro dell’islam fosse caratterizzato, almeno in una certa misura, da un grado di tolleranza e apertura che fa chiaramente a pugni con le dottrine dell’islamismo contemporaneo.
Ciò malgrado, dopo aver sperimentato varie ideologie e modelli di governo – come nazionalsocialismo, pan-arabismo e dispotismo, tanto per citarne alcune – i cittadini della regione stanno ora optando in massa per l’alternativa islamista, in quella che essenzialmente si configura come una grande rivoluzione dalle monumentali implicazioni per il Medio Oriente e per il mondo in generale.
In effetti, la vittoria islamista nelle elezioni presidenziali in Egitto segna il culmine di una rivoluzione brillantemente condotta, conseguita attraverso grande diligenza e pazienza nello sfruttare le vulnerabilità dell’occidente e la sua totale incomprensione della realtà. In un mondo governato da parole enfatiche, slogan iperbolici e vuoti luoghi comuni, i moderni islamisti hanno imparato a parlare e comportarsi in un modo che renda la loro causa più innocua e accattivante che mai. Scaltri oratori islamici “in doppiopetto” hanno scoperto i grandi vantaggi insiti nel proferire parole magiche come “pace”, “dialogo” e “multiculturalismo”, andando a toccare i tasti giusti per intorpidire le coscienze occidentali.
Nel frattempo, i loro colleghi dietro le quinte hanno continuato a terrorizzare senza pietà “i nemici e gli infedeli”, dando vita in sostanza a un doppio meccanismo spaventosamente efficace: mentre il terrorismo degli stragisti e dei tagliagole seminava angoscia nel cuore della gente producendo l’effetto “con noi non si scherza”, messaggi tranquillizzanti e rassicuranti convincevano tanti che abbracciare l’islamismo risolverebbe lo scontro interreligioso.
E così quando in tutta la regione, catapultato dalla rabbia popolare, è esploso il fenomeno impropriamente chiamato “primavera araba”, dando luogo a tanti discorsi sulla democrazia e sul trionfo della generazione di Facebook, gli islamisti se ne sono stati in panchina ad affilare le loro proverbiali (e non poi tanto metaforiche) scimitarre. Una volta completato il “lavoro sporco”, la ben organizzata Fratellanza Musulmana è partita a tutta forza, trasformando le celebrazioni per la nascente democrazia in un mezzo per soggiogare le popolazioni locali alla propria visione ultra-religiosa. Egitto e Tunisia sono oggi governati da islamisti, mentre in Siria il regime laico presto o tardi lascerà il posto a quello che sarà verosimilmente un governo a guida sunnita, con al-Qaeda che ha già stabilito una testa di ponte nel paese. In Libano i fondamentalisti Hezbollah dominano da tempo, e persino in Giordania si vedono i segni del ribollire di agitazioni islamiche.
Ma, come i cittadini del mondo islamico finiranno per scoprire, il fanatismo islamico si rivelerà una scelta disastrosa che condurrà la regione in un catastrofico baratro quale finora non ha mai sperimentato.
La combinazione di militanza infervorata, intolleranza a 360 gradi, suprema ignoranza e generale ostilità verso il mondo non islamico costituisce un mix micidiale che sicuramente affogherà i seguaci dell’islam politico in un pozzo nero di fallimenti e miseria.
La vittoria islamista in Egitto e i cambiamenti che devono ancora venire condurranno verosimilmente a un’era di conflitti militari, rovina economica e disastro sociale su scala ben più grande di quanto questa turbolenta regione abbia visto finora. E, cosa ancora più tragica, le spaventose ripercussioni di questa sconsiderata avventura si faranno sentire non solo in Medio Oriente, ma in tutto il mondo.