domenica, Novembre 24, 2024
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Israele. Il mito della pace con la Siria

israelGerusalemme. È accaduta una cosa terribile, per un intero settore del panorama politico in Israele (e altrove), vale a dire per tutti quei politici, ex ufficiali ed esperti vari che per decenni hanno continuato a parlare di far la pace con la famiglia Assad.
Oggi, non solo l’opzione di un siffatto accordo di pace con la Siria non è più all’ordine del giorno, ma si è anche visto che si trattava di una possibilità fasulla la quale, se realizzata, avrebbe gravemente danneggiato Israele.
Per quasi quarant’anni ci hanno detto che la pace con la famiglia alawita che comanda in Siria ci avrebbe portato la pace con tutto il mondo arabo. Poi ci hanno detto che quella pace avrebbe garantito il contenimento di Libano e Hezbollah. Dopodiché hanno detto che un accordo con gli Assad avrebbe portato alla rottura dei legami fra Siria e Iran. E oltre a tutto questo, ci veniva detto che non facevamo abbastanza sforzi per accondiscendere le pretese di Damasco. Il tutto accompagnato da una certa dose di idealizzazione romantica e di ammirazione per la famiglia Assad: padre, figlio e spirito santo.        
Ma erano tutti concetti infondati. La Siria, che è isolata all’interno del mondo arabo, non avrebbe spinto nessun altro stato arabo, nemmeno il Libano, a seguirla in una “pace” con Israele. Al contrario, proprio in questo periodo abbiamo ottenuto una certa stabilità sul fronte libanese senza cedere le alture del Golan. Non basta. Gli alawiti, i cui unici alleati al mondo sono gli sciiti di Iran e di Hezbollah, non avrebbero mai rinunciato ai legami con costoro.
In effetti il regime siriano si è semplicemente preso gioco di tutta quella gente che in questi anni ha sostenuto la pace con gli Assad, e da essi ha tratto legittimazione senza pagare pegno.
Ora salta fuori l’amara verità che avremmo dovuto conoscere da un pezzo: gli Assad sono una spietata famiglia di dittatori, appartenente a una isolata minoranza etnico-religiosa priva di legittimità a comandare. Il mondo arabo prende le distanze da questa famiglia, e lo stesso fanno i cittadini siriani. Non è affatto certo che essa riesca a restare aggrappata al potere ancora a lungo. Se Assad vorrà mantenersi al comando, dovrà combattere la sua stessa gente in modo analogo a come sta facendo Gheddafi in Libia.     
Guai a noi se avessimo concluso un accordo con questa famiglia e con questa minoranza siriana. Avremmo perduto per sempre il Golan, e il regime siriano vi avrebbe insediato un milione di cittadini al solo scopo di propagare la “resistenza” contro Israele.
Oggi un accordo firmato con la tirannia degli Assad non varrebbe nulla, la popolazione siriana direbbe che si tratta di una “pace” stretta fra Israele e una minoranza etnico-religiosa priva di qualunque legittimità a governare. Per fortuna non abbiamo firmato nessuna “pace” con gli Assad, mentre sono state preservate stabilità e deterrenza. Da anni abbiamo con la Siria una pace senza “pace” ufficiale, ed è già molto. Per farlo, non abbiamo avuto bisogno di pagare prezzi insostenibili in termini di territorio o di legittimazione, ed è proprio per questo che restano valide altre opzioni future con un eventuale nuovo regime a Damasco.  
Quando voleva insolentire Israele, Bashar Assad affermava causticamente che lo stato ebraico non è pronto per la pace e non vuole la pace. Ora che la brutalità del suo regime etnico in Siria è stata mostrata a tutti sottoforma di sistematico assassinio, ogni venerdì, di cittadini dissidenti, possiamo dirlo apertamente: certo che non vogliamo fare un accordo con un regime così sanguinario. 
Dovremo attendere qualche anno, fino a quando la situazione si stabilizzerà. Una volta diventato chiaro qual è la nuova leadership siriana (che verosimilmente includerà la maggioranza sunnita), allora potremo riesaminare la possibilità di un vero accordo.
Qualunque altro comportamento costituirebbe solo avventurismo sconsiderato.        
Israele è interessato a vivere in pace con i suoi vicini, ma dobbiamo assicurarci di fare accordi di pace che godano di un accettabile grado di sostegno da parte delle popolazioni, non con regimi isolati e odiati. Comunque, in nessun caso dovremmo sacrificare le nostre esigenze vitali a favore di tiranni, tanto più se si capisce che non sono destinati a durare per sempre.

Guy Bechor  

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