Scrive YISRAEL HAYOM: «Anche nel momento in cui il suo regime si disintegra, Muammar Gheddafi rimane fedele al suo corso. Esattamente come Hitler che nei giorni della fine, chiuso nel suo bunker, non esitò a sacrificare fino all’ultimo i suoi connazionali in nome della sua sopravvivenza, anche Gheddafi, nel suo violento discorso di martedì sera, ha invocato una devastante guerra civile.»
(Da: Yisrael Hayom, 23.2.11)
Scrive Smadar Peri, su YNETNEWS: «Che venga fermato immediatamente, con tutta la forza, prima che sia troppo tardi. Il mondo civile deve perseguire e arrestare Gheddafi e processarlo per genocidio a sangue freddo. Quel che si meritò Saddam Hussein, che aveva ucciso migliaia di iracheni, si merita anche il “colonnello” Gheddafi. Non c’è giustificazione né perdono per un uomo che ha arruolato mercenari a suon di migliaia di dollari al giorno perché uccidano i suoi stessi cittadini, che ha ordinato alle forze aeree libiche di bombardare manifestanti disperati, frustrati e senza lavoro. Il silenzio del mondo davanti a questo massacro fa orrore. Tutti hanno visto le immagini terribili, eppure ci sono voluti quattro giorni prima che i leader del mondo si dicessero “scioccati”, e ancora un altro giorno prima che si decidessero ad esprimere “condanna”.»
«Non è la prima volta – continua Smadar Peri – che il pazzo di Tripoli semina terrore a livello globale minacciando di fermare le forniture di petrolio. E non è la prima volta che fa assassinare degli sventurati senza pensarci due volte. Ma questa volta ha superato ogni limite. Ecco un leader che definisce “cani” e “ratti” i disgraziati del suo paese, che manda i propri figli a minacciare in tv che il bagno di sangue peggiore deve ancora arrivare, che giura “piangerete centomila morti”. Credetegli: dice sul serio. E il mondo civile? Uno spaventoso silenzio. Se ne sta fermo senza che nessuno si levi per fermare questa follia. Il mondo legge i rapporti e si perde in patetiche congetture su come navigare passare senza danno attraverso la terribile tragedia che si consuma alla luce del sole, e di notte. Si dia ascolto ai poveri libici che su al-Jazeera invocano il mondo di “venire a salvarci; si dia ascolto ai due piloti che si sono rifiutati di obbedire all’ordine di massacrare e sono fuggiti a Malta. La si smetta di leggere i rapporti dei servizi di intelligence e si ascoltino le testimonianze, si guardino i corpi che giacciono per le strade senza che nessuno possa raccoglierli.» Conclude l’editoriale: «Non occorre convocare riunioni d’emergenza per informare le telecamere che ci si schiera a fianco del popolo libico. Se si è davvero al suo fianco, si ponga rapidamente fine al massacro e non si lasci via si scampo a Gheddafi: che abbia quel che si merita”.
(Da: YnetNews, 23.2.11)
Scrive YEDIOT AHARONOT: «Nel corso degli anni l’occidente ha smerciato l’idea che la pace fosse un ponte fra civiltà. Egitto e Giordania dovevano esserne la dimostrazione. E invece la pace non è diventata un ponte, ma soltanto una questione di interesse. Così, mentre i leader facevano la pace, Israele continuava ad essere il bersaglio prediletto della rabbia delle masse.» Secondo l’editoriale, per tutto quel periodo «in Israele le cose sono state fatte sulla base dell’idea che fossimo alla vigilia di un nuovo Medio Oriente, o di un’apertura nella barriera fra civiltà.» Ma il fatto che lo sceicco estremista Yusuf Qardawi abbia arringato due milioni di persone, la settimana scorsa al Cairo, declamando in modo forte e chiaro contro Israele contraddice tutto questo. L’editoriale ammonisce che «in questo frangente l’Egitto, già storico pilastro della pace, non è solo: processi di estremizzazione stanno interessando anche la Giordania e le piazze palestinesi. Ma nonostante tutto ciò, c’è ancora chi dice che questo sarebbe il momento giusto perché Israele faccia concessioni in nome della pace.»
(Da: Yediot Aharonot, 22.2.11)
Anche YISRAEL HAYOM mette in guardia contro «gli entusiasmi alla Tom Friedman, secondo il quale il Medio Oriente sarebbe investito da una tempesta liberale». Israele, afferma l’editoriale, «si trova ad affrontare sfide cruciali per la sua stessa esistenza: la realtà che abbiamo conosciuto negli ultimi vent’anni si sta sgretolando, l’egemonia americana in Medio Oriente si indebolisce e viene compromesso l’equilibrio di forze che finora ha contenuto l’Iran. Noi israeliani non possiamo permetterci il lusso di non vedere la realtà per quello che è.»
(Da: Yisrael Hayom, 22.2.11)
Il JERUSALEM POST, dopo aver ricordato che nel maggio 2010 le Nazioni Unite permisero la nomina della Libia a membro del Consiglio per i Diritti Umani nonostante il suo spaventoso curriculum in fatto di diritti umani, scrive: «Forse, se si fosse esercitato un minimo di pressione su Gheddafi quando poteva ancora essere disposto ad ascoltare, oggi i cittadini libici non verrebbero ammazzati a mitragliate per le strade dal regime del “cane pazzo”. O perlomeno le Nazioni Unite avrebbero conservato un minimo di legittimità morale.» E aggiunge: «Sebbene gli Stati Uniti non godano più nella regione del grado di influenza che avevano un tempo, prima l’invasione dell’Iraq, tuttavia l’amministrazione Obama all’Onu potrebbe passare dalla strategia difensiva che si limita a giocare di rimessa opponendo il veto alle tante risoluzioni unilateralmente anti-israeliane, ad un approccio più aggressivo, insieme ad altre democrazie, puntando il dito contro paesi come la Libia, nel quadro di una concertata campagna che li svergogni.»
(Da: Jerusalem Post, 22.2.11)