lunedì, Novembre 25, 2024
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Commissione Turkel: legittimo il raid contro la flottiglia turca filo-hamas

I quattro membri e i due osservatori internazionali che compongono la commissione Turkel, incaricata di indagare gli incidenti del 31 maggio scorso sulla flottiglia filo-Hamas bloccata dalla Forze di Difesa israeliane mentre faceva rotta su Gaza, hanno determinato all’unanimità che il blocco navale israeliano sulla striscia di Gaza e le restrizioni alle sue importazioni via terra, nonché l’intervento militare per intercettare la nave Mavi Marmara, erano conformi al diritto internazionale.
Stando alle osservazioni conclusive dei membri della Commissione e dei due osservatori internazionali, “il blocco navale imposto alla striscia di Gaza, in considerazione delle circostanze di sicurezza in cui versa Israele e degli sforzi da parte di Israele per ottemperare ai suoi obblighi umanitari, è legale in base alle norme del diritto internazionale. Le azioni condotte da Israele il 31 maggio 2010 per far rispettare il blocco navale hanno malauguratamente comportato feriti e perdite di vite umane. Tuttavia nel loro complesso le azioni messe in atto risultano legali in base alle norme del diritto internazionale”.
La Commissione Turkel, la cui denominazione ufficiale è “Commissione pubblica per l’analisi dell’incidente navale del 31 maggio 2010”, ha diffuso domenica il primo di due rapporti. Il portavoce della Commissione, Ofer Lefler, ha spiegato che ciascun rapporto affronta questioni distinte che il governo ha chiesto di indagare, e ciascuno di essi sarà conclusivo. Il primo rapporto, di quasi 300 pagine, affronta la questione se il blocco navale imposto da Israele alla striscia di Gaza sia o meno conforme alle norme del diritto internazionale, e comprende la valutazione delle azioni intraprese dalle Forze di Difesa israeliane per far rispettare il blocco navale, nonché delle azioni intraprese dagli organizzatori della flottiglia e la loro identità.
Circa la legalità dell’operazione, la Commissione ha raggiunto la conclusione che l’intercettazione e la cattura da parte delle forze armate israeliane dei battelli della flottiglia, compresa la salita a bordo dei commando navali Shayetet 13 dal motoscafo Morena e la discesa via fune da un elicottero sul tetto delle navi, era conforme alla consolidata prassi navale.
La Commissione ha concluso che a bordo della Mavi Marmara e di altre navi della flottiglia vi era un gruppo di attivisti e affiliati dell’organizzazione turca IHH che si sono opposti con la violenza alla salita a bordo degli israeliani. Gli attivisti IHH che hanno partecipato alle violenze erano civili che hanno direttamente preso parte alle ostilità.
“La forza impiegata contro civili a bordo della flottiglia – dice il rapporto – era disciplinata dai principi della ‘necessità’ e del ricorso alla ‘forza proporzionata’ collegati alle norme sull’applicazione della legge in base ai diritti umani. Tuttavia gli attivisti IHH hanno perduto la protezione del loro status di civili dal momento in cui hanno preso parte attiva alle ostilità. L’uso della forza nei confronti di questi diretti partecipanti alle ostilità è governato dalle regole pertinenti del diritto umanitario internazionale”.
La Commissione spiega che gli attivisti hanno compiuto violenze a bordo della Mavi Marmara dopo essersi muniti di un’ampia gamma di armi come spranghe di ferro, asce, manganelli, fionde, pugnali e oggetti metallici. “Armi in grado di uccidere, mutilare e ferire gravemente – si legge nel rapporto – La violenza degli scontri risulta evidente dal modo in cui gli attivisti IHH hanno organizzato l’aggressione coordinata contro i soldati. Durante l’incidente, gli attivisti IHH hanno anche fatto uso di armi da fuoco contro i soldati”.
La Commissione scagiona i soldati dalle accuse di uso non necessario della forza affermando che hanno aperto il fuoco solo per autodifesa. “Complessivamente – si legge – i soldati hanno agito in modo professionale e con grande presenza di spirito, alla luce dell’estrema e inaspettata violenza che si sono trovati a fronteggiare: professionalità che si evidenzia nel fatto che hanno di volta in volta e più volte fatto ricorso o rinunciato all’uso di armi più e meno letali, allo scopo di rispondere in modo commisurato alla violenza diretta contro di loro”.
La Commissione rileva che il conflitto fra Israele e striscia di Gaza ha la natura di un conflitto armato intenzionale, sottolineando come l’“effettivo controllo” da parte di Israele sulla striscia di Gaza sia terminato con il completamento del disimpegno (2005). Il blocco navale imposto da Israele alla striscia di Gaza ha principalmente uno scopo di sicurezza militare. La Commissione rileva inoltre che il blocco navale è stato legalmente imposto alla striscia di Gaza, con Israele che soddisfa le condizioni necessarie per la sua imposizione.
Nelle conclusioni viene altresì rilevato che Israele rispetta gli obblighi umanitari che ricadono sulla parte che esercita il blocco, compresa la proibizione di affamare la popolazione civile o di impedire il rifornimento di mediche e beni essenziali per la sopravvivenza della popolazione civile. La Commissione, dopo aver esaminato il materiale sottopostole anche da gruppi per i diritti umani, afferma di non aver trovato alcuna prova che Israele stia deliberatamente tentando di impedire agli abitanti di Gaza di ricevere cibo, né che stia cercando di “distruggere o indebolire la popolazione di Gaza riducendola alla fame”.
È vero invece che le restrizioni vengono messe in atto allo scopo di limitare la capacità, anche economica, di Hamas di compiere attacchi contro Israele. Il rapporto sottolinea che, nelle loro deposizioni davanti alla Commissione, anche gruppi umanitari come “Medici per i diritti umani” e altri, hanno confermato che, per tutto il periodo in questione, nella striscia di Gaza controllata da Hamas c’è sempre stata una quantità sufficiente di cibo e che il problema è piuttosto di natura economica.
Israele garantisce che il danno alla popolazione civile non sia eccessivo in rapporto all’utile militare concreto e diretto che persegue con il blocco. La Commissione chiede tuttavia che Israele “esamini ulteriormente le necessità mediche della popolazione di Gaza per cercare il modo di migliorare la situazione attuale”, ed esorta il governo a studiare i modi per “concentrare le sue sanzioni contro Hamas, evitando il più possibile danni alla popolazione civile”.
Il rapporto afferma infine che l’imposizione e applicazione di un blocco navale in conformità a quanto previsto dal diritto internazionale, e dunque anche quello imposto alla striscia di Gaza, non costituisce di per sé una “punizione collettiva” contro la popolazione della striscia di Gaza.
“Il diritto internazionale – conclude il rapporto – non conferisce a singoli individui o gruppi la facoltà di ignorare l’imposizione di un blocco navale che risponde alle condizioni richieste e che viene applicato di conseguenza, specialmente se il blocco soddisfa tutti gli obblighi verso le parti neutrali, per il solo fatto che a giudizio di quei singoli individui o gruppi il blocco violerebbe i doveri della parte che lo impone rispetto all’entità che lo subisce”.
La Commissione, presieduta dall’ex giudice della Corte Suprema israeliana Jacob Turkel, è composta da cinque membri (dei quali tuttavia uno, l’ambasciatore Shabtai Rosenne, è mancato durante i lavori) e da due osservatori internazionali, il generale Ken Watkin, dal Canada, e Lord David Trimble, dall’Irlanda del Nord.

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