Scrive Sever Plocker: «Se WikiLeaks non esistesse, Israele dovrebbe inventarla. La massiccia diffusione di documenti diplomatici riservati fornisce un quadro complessivo chiaro e inequivocabile: il mondo intero, non soltanto Israele, è terrorizzato dalla minaccia di un Iran nucleare. Dunque la nuclearizzazione dell’Iran non è una paranoia israeliana, come certi ambienti hanno cercato di sostenere: è qualcosa che fa perdere il sonno a tutti i leader del mondo, da Riyad a Mosca.
La questione iraniana è il filo conduttore che ricorre in centinaia di migliaia di documenti diffusi da WikiLeaks generando una panorama nel quale praticamente tutto il mondo attende che Israele e Stati Uniti, in quest’ordine, facciano qualcosa per fermare colui che viene letteralmente definito “l’Hitler di Teheran”. La fuga di notizie non fa che rafforzare il principale messaggio di due amministrazioni americane, che si rivela incredibilmente simile al principale messaggio veicolato dai governi israeliani: l’Iran costituisce la minaccia più grave, immediata ed evidente alla stabilità mondiale, e il mondo deve agire per sradicare questo tumore maligno. Tutto il resto passa in secondo piano. Alcuni mass-media hanno cercato di montare la questione del presunto ordine del segretario di stato Usa Hlailry Clinton al suo staff diplomatico di spiare alti funzionari dell’Onu.
Ma un esame più attento dei documenti dimostra che la cosa aveva a che fare con il timore di strette forme di collaborazione fra alcuni funzionari Onu e il complesso terroristico Hamas/Hezbollah: anche questo un tema frequentemente sollevato da Israele. In effetti, il mare di rivelazioni di WikiLeaks non ha finora prodotto nessun elemento che gettasse una luce negativa su Israele.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex primo ministro Ehud Olmert ne escono (relativamente) bene. Anche le dichiarazioni del capo del Mossad Meir Dagan circa la necessità che gli Usa incoraggino la protesta degli intellettuali e degli studenti in Iran appare consona a una visione del mondo liberale e democratica, e ad una lunga esperienza in fatto di lotta alle dittature.
Raramente negli anni passati la politica estera e di difesa israeliana ha ricevuto un sostegno e un rinforzo così significativi come è avvenuto domenica. Per lo meno sul fronte iraniano, e a quanto pare anche rispetto a diverse altre questioni, i leader del mondo – compreso il mondo arabo – la pensano come Israele. Solo che si vergognano di ammetterlo. WikiLeaks ha svelato questa vergogna.»
Scrive Yaakov Katz: «Stando alla marea di dispacci pubblicati domenica da WikiLeaks, è chiaro che gli Stati Uniti ascoltano e registrano ciò che i leader del Medio Oriente hanno da dire circa l’Iran. La domanda che resta senza risposta è: quali conclusioni pratiche sono poi disposti a trarne? Da parecchi anni i massimi esponenti politici e militari israeliani avvertono che l’Iran non è una minaccia soltanto per Israele, ma per l’intera regione, e oltre.
“Se solo potessimo dire pubblicamente ciò che sentiamo dire a porte chiuse”, ripetevano i rappresentanti israeliani dopo ogni incontro off-record con vari capi arabi un po’ in tutto il Medio Oriente. Bene, ora possono. Secondo un dispaccio diffuso domenica da WikiLeaks, il re saudita Abdullah “ha frequentemente esortato gli Stati Uniti ad attaccare l’Iran per porre fine al suo programma di armi nucleari” e per tagliare “la testa del serpente”.
Secondo un altro dispaccio, re Hamad del Bahrain, paese con una popolazione a maggioranza sciita, in un incontro con l’ex comandante Centcom, generale David Petraeus, ha premuto perché si facesse qualcosa di concreto per porre termine al programma nucleare iraniano. “Quel programma deve essere fermato – ha Hamas, stando al dispaccio – Il pericolo di lasciarlo andare avanti è peggiore del pericolo di fermarlo”. La Giordania, un altro paese che ha espresso preoccupazione, si dice inquieta per la possibilità che un Iran nucleare possa fornire un ombrello a gruppi d’opposizione fondamentalisti come i Fratelli Musulmani.
Anche l’Egitto è allarmato per l’ininterrotto programma nucleare iraniano e per le sue diramazioni, come mostra la condanna in aprile di 26 uomini accusati di spiare per conto di Hezbollah e di pianificare attentati in Egitto. Dal punto di vista di Israele, dunque, non è esagerato affermare che WikiLeaks potrebbe aver reso un utile servizio al paese. Svelando come le dichiarazioni dei capi arabi siano più estremiste di quelle dei leader israeliani, i dispacci svelano la dissonanza che regna nella regione, e i pericoli che comporta permettere all’Iran di proseguire con il suo programma nucleare.
La maggior parte dei rappresentanti israeliani, come il ministro della difesa Ehud Barak, il direttore del Mossad Meir Dagan e il capo dell’intelligence militare Amos Yadlin, appaiono attenti e misurati in ciò che dicono negli incontri riservati, puntualmente documentati dagli assistenti americani presenti nella stanza. Alla fin fine, tuttavia, nulla di tutto questo sembra aver cambiato lo stato delle cose circa gli sforzi globali per fermare l’Iran.
Benché l’Onu abbia rafforzato le sanzioni e gli Usa minaccino di applicarne altre e più severe, il regime di Teheran continua a sfidare la comunità internazionale e ad arricchire l’uranio, arrivando così oggi a pochi passi dalla capacità di fabbricare un ordigno nucleare in qualunque momento decida di farlo.»