A raccontarla sembra una follia. A Porto Empedocle, a meno di due chilometri dalla Valle de Templi di Agrigento, l’Enel vuole realizzare un rigassificatore. A sponsorizzare l’operazione è il governo nazionale, con testa il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo. Con il “sì” dell’attuale governo della Sicilia presieduto da Raffaele Lombardo. Si tratta, come vedremo, di un progetto assurdo, destinato a mettere in pericolo una delle aree archeologiche più conosciute al mondo: quella d’Agrigento.
Ma cos’è un rigassificatore? Cominciamo con il dire che, quando si parla di gas da stoccare nei rigassificatori, si fa riferimento al Gnl, un idrocarburo naturale fossile gassoso che viene raffreddato a circa meno 160 gradi centigradi. Il raffreddamento a meno160 gradi permette che 600 litri di gas siano condensati in circa 1 litro di liquido Gnl. Un rigassificatore dove viene immagazzinato il Gnl è lungo più di tre 3 campi di calcio messi insieme, mentre l’altezza è pari a 12 piani. In quest’enorme contenitore di gas sono conservati circa 123,42 milioni di litri di Gnl, che equivalgono a 74 miliardi di litri di gas.
Progetto alla mano, si apprende che il terminale dovrebbe essere realizzato nell’area ex Montedison di Porto Empedocle arriverebbe dal mare con le cosiddette navi metaniere. Per Porto Empedocle si prevedono circa 110 navi all’anno, ovvero una nave ogni 3 giorni.
L’aspetto inquietante è che le altre regioni italiane si sono rifiutate categoricamente di dare parere favorevole alla realizzazione di questo rigassifcatore. Il motivo è legato all’elevata rischiosità dell’iniziativa. La legge nazionale Seveso 2, infatti, considera i rigassificatori impianti a rischio d’incidenti rilevanti. Nel caso di Porto Empedocle a rischiare sono gli abitanti di questa cittadina e, naturalmente, dei centri vicini, a cominciare da Agrigento con la sua Valle dei Templi.
A proposito dei rischi, basta una semplice riflessione: una comune bombola di gas, esplodendo, è in grado di distruggere una palazzina di tre-quattro piani. Che succederebbe se a esplodere fosse un contenitore di gas della lunghezza di tre campi di calcio e alto dodici metri con dentro 180 milioni di litri di Gnl? A questa domanda non è stata data alcuna risposta, perché i tecnici sostengono che l’esplosione di un rigassificatore è “impossibile”. C’è da crederci?
Se un rigassificatore dovesse mai esplodere svilupperebbe un’energia pari a 50 ordigni atomici e distruggerebbe ogni cosa nel raggio di 55 chilometri. Questa notizia è stata riportata dal Corriere della Sera del 30 marzo 2006. Stranamente, qualche mese fa, lo stesso quotidiano, in un articolo a firma di Gian Antonio Stella, ha ridicolizzato i pericoli legati alla presenza del rigassificatore. Un servizio un po’ strano, quello pubblicato dal Corriere della Sera. Dove si afferma che, siccome l’area dove dovrebbe sorgere il rigassificatore è un po’ trasandata, ben venga l’impianto per lo stoccaggio del Gnl.
E’ interessante notare che i rischi considerati in questo rapporto non includevano atti di sabotaggio o terrorismo ma semplici incidenti. I pericoli legati ai rigassificatori non riguardano soltanto l’impianto a terra, ma quello che potrebbe succedere in rada durante l’arrivo delle navi metaniere (a Porto Empedocle ne arriverebbe una ogni 3 giorni, pari a 110 all’anno). Un altro aspetto di questa vicenda, non meno inquietante di tutti gli altri, è il silenzio dell’Unesco. La Valle dei Templi di Agrigento fa parte della speciale lista dei beni considerati patrimonio dell’umanità. Ci si sarebbe aspettati un intervento dei vertici dell’Unesco a difesa delle aree archeologiche più note al mondo. Invece, da parte dell’Unesco, si registra un “silenzio assordante”. L’unica voce contraria è quella del sindaco di Agrigento, il giovane Marco Zambuto, che ha presentato ricorso contro il progetto. A sostenerlo c’è un comitato di cittadini che, come il sindaco, sono contrari al rigassificatore. In un Paese democratico, quando si mette in cantiere un’opera così pericolosa, si chiede il consenso degli abitanti attraverso un referendum, (per come previsto dalle direttive seveso 3).
Resta l’ultima domanda: a che cosa servirà il rigassificatore di Porto Empedocle?
Gli sponsor dei due rigassificatori che dovrebbero essere realizzati in Sicilia (il secondo dovrebbe vedere la luce a Priolo, in un’area della provincia di Siracusa già massacrata dalla chimica “pesante” e bocciata da un referendum popolare) spiegano che la nostra Isola ha bisogno del gas. Mentono sapendo di mentire. La Sicilia è una delle regioni italiane dove si produce più energia di quella che si consuma. Siamo noi siciliani a dare energia al resto d’Italia e non viceversa. Poi, però, quando avviene un black-out, chissà perché, la Sicilia è la prima regione alla quale viene interrotta l’erogazione di energia elettrica, una sorta di “regalo” che l’Enel ci rifila da oltre quarant’anni.
C’è di più. Dalla Sicilia, com’è noto, passa il metanodotto con l’Algeria, opera realizzata nella metà degli anni ’70. La Regione Siciliana, in base agli accordi, avrebbe diritto ad una quota di metano. Questa quota spettante ai siciliani non è mai stata corrisposta, perché la classe dirigente della Sicilia è sempre stata, in massima parte, restia agli interessi dei Siciliani, ma non d’altre parti del Belpaese. A questo poi si aggiunge la furbizia dei signori dell’Eni, che hanno sempre preso a piene mani dalla Sicilia, regalandoci, in cambio, soltanto inquinamento dell’ambiente, la frittata è fatta. A conti fatti, se la Sicilia avesse veramente bisogno del metano, prima di realizzare due rigassificatori dovrebbe prendersi la quota di metano algerino.
Per terminare, che tutto ciò è possibile sostituirlo con delle tecnologie moderne e attuali, come dimostrato dagli ultimi avvenimenti in America e in altre nazioni dove sono sostituiti i rigassificatori a terra con la possibilità di espandere direttamente a bordo di una nave RIGASSIFICATRICE il gnl . Questa nave può rigassificare direttamente a bordo circa 4 miliardi di m3 di gas all’anno ( poco di più di quelli attualmente gestiti da Panigaglia) . Il tutto funziona già a 600 miglia dalle coste della Louisiana da tre anni ( gestito dalla compagnia americana Excelerate Energy) un terminale di ricezione collegato con un gasdotto sottomarino , il terminale è comprensivo di tre navi rigassificatrici realizzate dalla coreana Daewoo , più due navi varate tra il 2008 e il 2009 e altre due già ordinate. Il maggior costo di una flotta di 4 navi del tipo suddetto è di circa 280 milioni di euro rispetto alle tradizionali navi che trasportano gnl da rigassificare. Questo maggior costo è ampiamente annullato dalla realizzazione dei rigassificatori a terra ( quello di Panigaglia : 450 milioni di euro) per non parlare della occupazione di spazi a terra di particolare pregio sia naturale che commerciale.
Esistono navi metaniere con cisterne supertecnologiche capaci di contenere gas naturale compresso a 200 atmosfere che va semplicemente liberato da un sistema di valvole senza bisogno quindi di rigassificatori a terra. Evitando pertanto, l’inquinamento fatto dal cloro, per rigassificare (500 Kg n°1 nave) il blocco navale per 10-12 ore ogni volta che arriva una nave metaniera, il raffreddamento delle acque antistanti il porto, e l’eventuale pericolo.
Sembra evidente che scegliere di inquinare il territorio con impianti di rigassificazione quando esistono navi che rigassificano a borgo il gas non può che essere motivo solo interesse e di speculazione di pochi gruppi industriali del nord Italia, Enel e Fiat comprese.
Viene da sorridere quando il Presidente della Regione Siciliana parla di clima intimidatorio perché la sua politica di innovazione da fastidio a qualcuno…
e.l.