Come ormai tristemente noto, il precariato è la condizione di vita che vivono quelle persone che hanno una situazione lavorativa che presenta due fattori di insicurezza: mancanza di continuità lavorativa, relativa carenza di un reddito adeguato, impossibilità a contrarre prestiti e mutui, l’insostenibile leggerezza dell’essere, per cui diventa problematico pianificare la propria vita futura.
Il precariato ventennale nel Comune di Messina è vissuto da 301 lavoratori con contratti part-time ed a termine che dal 1989 non sanno cosa significhi progettare il futuro…
Gli schemi contrattuali dei precari sono caratterizzati da forme di discriminazione rispetto alla durata, alla copertura assicurativa,ai diritti, al compenso e al trattamento previdenziale, in pratica è la limitazione dei diritti dei lavoratori dentro il calderone del mercato del lavoro…
Essere precari significa non mettere, nella stragrande maggioranza dei casi, a frutto il proprio titolo di studio, la propria competenza acquisita, dequalificando economicamente il proprio profilo personale, nella pratica quelli che si presentano come contratti part-time ed a termine risultano lavori sottopagati, subordinati con un continuo controllo dei superiori rispetto all’orario e alle prestazioni. Le ricadute su questi lavoratori atipici non sono solamente economici ma anche di salute; da uno studio pubblicato “dall’Agenzia Europea per la sicurezza e la salute sul lavoro” si evidenzia che il lavoratore precario è più esposto rispetto al lavoratore a tempo indeterminato, a rischi sulla salute, non solo sotto il profilo direttamente imputabile alla sicurezza sui luoghi di lavoro (occupazioni più rischiose,scarsa informazione lavorativa su salute e sicurezza, esclusione dai tavoli sindacali per la contrattazione decentrata), ma l’accumularsi di questi contratti a termine comporta insicurezza, marginalizzazione sociale, stress, ansia da depressione lavorativa che può arrivare anche al bullismo o alle molestie soprattutto per le donne sul luogo di lavoro.Il Comune di Messina ha attinto allegramente tra gli ex articolisti figure professionali competenti assegnandogli mansioni di livello basso con relativa retribuzione per poi se è il caso usarli nelle mansioni superiori, ma non solo, adducendo problemi di bilancio nel 2008 non ha stabilizzato coloro che avendone i titoli potevano accedere a livelli superiore dell’amministrazione, per di più attribuendo a questa categoria discriminata di lavoratori oltre il danno la beffa non assorbendoli a tempo indeterminato ma tenendoli nel limbo con contratti quinquennali.
Mastrolembo Franco 48 anni, Giordano Gaetano 41 anni, coniugati con 3 figli sulle spalle, prima articolisti nelle cooperative poi scelgono il comune nei primi mesi del 1996 credendo che finalmente l’assillo della ricerca di una stabilità fosse finito invece si ritrovano “precari istituzionalizzati ” vedono che altri ex colleghi sono stati assorbiti da gli enti di appartenenza (vedi provincia di Catania, Comune di Ragusa,Comiso,Vittoria,Menfi) e “dopo oltre venti anni di precariato si ritrovano con pochi anni di contributi versati, per lo più di poco valore. Ma quando andranno in pensione saranno ancora precari? oppure finalmente si riconoscerà uno status di stabilità”? Oppure la stabilità l’avranno solo quando passeranno a ‘Miglior Vita’? La sicurezza stabile e duratura che hanno conosciuto i nostri genitori sul lavoro non esiste più – (esclamano). Il nostro desiderio di avere punti di riferimento e radici ben definite è diventato difficilissimo da colmare.. A lungo andare la precarietà uccide l’entusiasmo e ci mette nelle condizioni di venire spesso umiliati e sottomessi. I nostri capi dicono che siamo indispensabili, che dobbiamo avere pazienza e fiducia in loro, intanto il tempo passa e le illusioni si trasformano in rabbia. Noi di rabbia ne abbiamo proprio tanta dentro e a volte ci chiediamo a vicenda se per caso è con noi stessi che dovremmo avere tanta rabbia. Magari un giorno (speriamo presto), quando lo comprenderemo fino in fondo, la smetteremo di farci del male, perdoneremo noi stessi e abbandoneremo questa prigione in cui ci troviamo da venti lunghi anni.