sabato, Novembre 23, 2024
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Guerra tra procure e la degenerazione del sistema Italia

Il giornalista scrittore Saviano, che da tempo vive sotto scorta a causa del suo libro Gomorra,  in una intervista rilasciata a Parigi a Jaques de Saint-Victor di Le Figarò, ha affermato che “la mafia prosperi ovunque dove non c’è più lo Stato. Nel sud Italia, lo Stato è assente o troppo indebolito dai clan mafiosi. Al di fuori di loro, nessuna salvezza. In questo paese, come anche nell’est europeo, le mafie nel senso ampio del termine sono le avanguardie di un orribile capitalismo che prospera sulle deregolarizzazioni, le privatizzazioni e le mancanze dello Stato. Non nascondiamo la testa sotto la sabbia. Anche in Italia, i capi delle grandi organizzazioni criminali sono prima di tutto degli uomini d’affari che hanno cominciato a fare fortuna da una trentina d’anni. E’ finito il tempo dei Totò Riina o dei Provenzano, i capi della mafia siciliana, che erano dei contadinotti ignoranti, diventati mafiosi per uscire dalla miseria. Oggi, la maggior parte dei capi mafiosi sono dei figli di famiglie agiate, dei figli di medici, avvocati, grandi proprietari … Spesso hanno fatto un MBA (Master of Business Administration, NdT). Alcuni devono ancora essere specialisti del crimine per imporsi nella mafia militare, ma sono prima di tutto imprenditori senza etica che, a differenza degli altri, non esitano a uccidere per raggiungere i loro scopi”.
Secondo Saviano, ma questo rientra nella logica dei fatti moderni ed è un fatto che solo la politica non vuole accettare e fa finta di non capire, la mafia non è più un mondo a se, e fa l’esempio del prestanome dei mafiosi del sud  “il partito del cemento” ricordando la sua presenza  nell’economia legale, gli appalti dei lavori pubblici, le imprese di riciclaggio dei rifiuti, ecc…”   
Le osservazioni di Saviano sono condivise da tutti i cittadini che hanno preso coscienza che la mafia va debellata ma il problema è che la ramificazioni mafiose e della massoneria deviata che ne tira le fila all’interno delle istituzioni sono così estese che appare quasi una impresa difficile.  Paradossalmente la mafia all’interno delle istituzioni dovrebbe combattere se stessa e la sua manovalanza.
Il caso della guerra delle procure tra Salerno e Catanzaro trasmette un senso di inquietudine e paura perché la magistratura che da tempo è considerata dai cittadini una istituzione politicizzata che fa politica nel sistema Italia, appare essa stessa malata di infiltrazioni massoniche e mafiose.
Sembra che le morti di poliziotti, carabinieri e giudici che hanno lottato contro le deviazioni dello stato e della mafia siano uno sbiadito ricordo. Ora si lotta gli uni contro gli altri. Dalla politica alla giustizia, passando per la sanità, l’industria, la finanza e il sociale.
Si arrangi chi può ormai, l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro. Il diritto, la giustizia, l’equità sociale e  l’onestà sono altra cosa.

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