Ancora un’altra vittoria del fronte ambientalista ed animalista contro la liberalizzazione selvaggia della caccia in Sicilia: con ordinanza n. 1373/2008 del 2 dicembre, il Tribunale Amministrativo Regionale di Palermo, sezione I (Pres. Giallombardo, magistrati Barone e Valenti), a seguito di ricorso della LAV assieme a Legambiente e Lipu, ha accolto la domanda di sospensione di varie disposizioni del Calendario Venatorio (emanato dall’Assessore regionale all’Agricoltura on. La Via con decreto del 25 settembre, all’indomani di una prima bocciatura del precedente calendario da parte del TAR) e del decreto assessoriale di modifica (emanato il 17 ottobre) con cui si riaprivano alla caccia le “Zone Speciali di Conservazione” (ZPS) della Piana di Gela e dei Pantani siracusani.
In sostanza da oggi:
è vietata la caccia, in tutta la Sicilia, alla lepre italica (specie a rischio di estinzione per la quale l’Istituto Nazionale Fauna Selvatica – INFS – aveva dato parere negativo in ordine all’attività venatoria);
è vietata la caccia, in tutta la Sicilia, alla beccaccia (l’INFS aveva chiesto alla Regione di vietarne la caccia in inverno), in attesa di un nuovo provvedimento assessoriale che comunque non ne potrà prevedere la caccia oltre il 31 dicembre;
è sospesa qualsiasi attività venatoria in tutte le ZPS – oltre 40 in Sicilia – aree di pregio ambientale secondo le direttive CEE, tra cui le Isole di Ustica, Marettimo, Levanzo, Pantelleria, Alicudi, Filicudi, Stromboli, Salina, Linosa e Lampedusa, interessate dalla migrazione degli uccelli. In particolare, la caccia è adesso vietata anche nelle ZPS denominate “Torre Manfria, Biviere e Piana di Gela” (Caltanissetta) e “Pantano Morchella, Pantani della Sicilia Sud Orientale e Pantano di Marzamemi” (Siracusa).
I legali della LAV precisano che “Fino a quando la Regione non individuerà le aree interessate dalle rotte migratorie – che secondo il TAR “in buona parte” ricadono nelle ZPS – l’esercizio della caccia in tutte le ZPS, quindi, da oggi costituisce reato punito con le sanzioni penali previste per l’attività venatoria nelle aree protette“.
Grande soddisfazione per questa seconda importante vittoria (a settembre il TAR aveva già sospeso la caccia censurando il primo calendario venatorio) da parte di Legambiente, LAV e LIPU che, difese dal team di legali composto dagli avvocati Nicola Giudice, Antonella Bonanno e Corrado V. Giuliano, hanno visto confermate dai giudici le proprie tesi: i provvedimenti in materia di caccia devono necessariamente essere rispettosi del quadro normativo statale e comunitario – che antepone la conservazione della fauna agli interessi venatori – nonché delle indicazioni tecniche e scientifiche dell’INFS.
Il TAR, infatti, ha ritenuto di sospendere anche questa volta il calendario venatorio ravvisando un “danno grave ed irreparabile” per la fauna perché l’Assessorato regionale all’agricoltura non ha accolto, in sede di disciplina della stagione di caccia, il parere e le raccomandazioni dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica.
Ennio Bonfanti (resp. regionale “fauna” LAV) dichiara: “Da anni in Sicilia, di fronte si provvedimenti della Regione appiattiti sulle posizioni dei cacciatori più estremisti, il mondo animalista e – in generale – i cittadini di buonsenso che amano la Natura devono invocare un intervento della Magistratura e dei Tribunali per garantire un minimo di tutela agli animali selvatici, riconducendo alla legalità politiche regionali attente al consenso elettorale delle doppiette piuttosto che all’esigenza di conservare la biodiversità. Il Calendario Venatorio è assolutamente illegittimo per le numerose e gravi violazioni delle normative regionali, statali e comunitarie sulla tutela della fauna ed ha ricevuto pesanti critiche anche dall’INFS“.
La LAV, infine, auspica che i competenti Organi di vigilanza e le Forze dell’Ordine si attivino con adeguati servizi di controllo e prevenzione, affinché venga garantita sull’intero territorio regionale la piena esecuzione del decreto del TAR, non fosse altro perché l’abusivo esercizio della caccia costituirebbe grave danneggiamento del “patrimonio indisponibile dello Stato” costituito dalla fauna.