Enrico Rizzi, responsabile Sezione Trapani dell’OIPA (Organizzazione Internazionale Protezione Animali), ed Ennio Bonfanti, responsabile regionale “fauna” della LAV (Lega Anti Vivisezione) hanno inviato un documento congiunto all’Assessore regionale all’Agricoltura e Foreste, on. Giovanni La Via, all’Assessore regionale al Territorio e Ambiente, On. Giuseppe Corbello, ed ai direttori dell’Azienda Foreste Demaniali, Dott.ssa Francesca De Luca, e dell’Agenzia Regionale Protezione Ambiente, Ing. Sergio Marino. La nota è relativa agli abbattimenti di cinghiali nelle aree protette siciliane – Parco delle Madonne (Palermo) e Riserva dello Zingaro (Trapani).
In particolare OIPA e LAV traggono spunto dalle dichiarazioni stampa dell’Assessore La Via che “ha annunciato durante la trasmissione radiofonica “Ditelo a Rgs” una modifica alla leggere regionale sulla caccia n. 33 del 1997 per consentire gli abbattimenti di cinghiali (ed altri animali) in condizioni meno restrittive di quelle attualmente imposte dalle norme vigenti. Si tratterebbe di una risposta alla “emergenza cinghiali” che tanto viene sbandierata, ormai da tempo, sulla stampa in relazione al alcune aree protette siciliane“.
Secondo gli esponenti dell’OIPA e della LAV, “la notizia ha tutta l’aria di un “annuncio mediatico” nato su un’onda “emotiva” zoofoba e filovenatoria. Difatti il vigente quadro normativo in materia (l.r. 33/1997 e l. 157/1992) contempla efficacemente gli strumenti giuridici necessari per assicurare la tutela della fauna e la corretta attuazione di eventuali interventi di controllo che, come noto, devono essere anzitutto “ecologici e selettivi” e valutati idonei dall’Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS). Quindi non si comprende il motivo di un nuovo intervento legislativo ad hoc specie se l’intenzione sia quella di allargare le maglie per consentire attività sostanzialmente riconducibili alla caccia in aree di divieto, dietro strumentalizzazione del c.d. “controllo faunistico“.
“In assenza di dati certi sulla (presunta) sovrappopolazione, di censimenti obiettivi e di studi territoriali – ricordano gli animalisti Enrico Rizzi ed Ennio Bonfanti – non è ipotizzabile alcun intervento di controllo a carico del cinghiale, specie se in una zona protetta. Anziché auspicare semplicistici interventi di tipo populistico-venatorio facendo credere di voler tutelare gli agricoltori, gli Organi ed Enti pubblici competenti in materia (Enti gestori delle aree protette, Enti Parco, Assessorato regionale, ecc.) dovrebbero incentivare e sostenere la realizzazione degli interventi di salvaguardia delle colture in grado di agire come deterrente nei confronti dei cinghiali, catture sperimentali, ecc.“.
Circa i danni che vengono addebitati ai cinghiali, OIPA e LAV “denunciano il vero meccanismo che si nasconde dietro le presenze dei cinghiali: le immissioni irregolari che servono a giustificare il permanere della caccia”. Le due organizzazioni animaliste, infatti, rilevano che “esistono diversi allevamenti di cinghiali, anche nella nostra regione, che non sono praticamente censiti e controllati. È quindi molto facile trasferire i cinghiali dagli allevamenti nel territorio, aspettare che crescano e quindi andarli a cacciare, presentandosi tra l’altro come i salvatori dell’ambiente, quando invece si è la causa prima del problema; in molte aree boschive (Madonie, Nebrodi, ecc.), inoltre, vi è l’abitudine di allevare allo stato brado suidi domestici (spesso in violazione delle norme di polizia veterinaria e di anagrafe zootecnica), cosicché i danni da questi arrecati vengono attribuiti alla fauna selvatica (cinghiali)“.
OIPA e LAV, ancora, denunciano l’esistenza di “vari “recinti faunistici” in aree del Demanio Forestale dove vengono allevati cinghiali ed altri ungulati estranei alla fauna siciliana (cervidi, ecc.). E’ noto che proprio tali strutture sono alla base delle “fughe” di cinghiali che hanno determinato la comparsa della specie in Sicilia da alcuni anni; con i problemi che oggi siamo costretti ad affrontare; il “problema cinghiali” in Sicilia, dunque, ha una origine esclusivamente antropica e la responsabilità è ben individuabile, per cui non è accettabile che a fronte di tali errori umani a farne le spese siano sempre e solo gli animali!“.
La nota degli animalisti si conclude con una serie di proposte alternative agli abbattimenti dei cinghiali: “Per il contenimento del numero si può pensare non già all’uccisione bensì alla sterilizzazione. Studi effettuati negli Usa rilevano che alcune strade sono più percorribili di altre. Sicuramente, come per molte altre specie, se vi fosse un interesse specifico e reale si potrebbe arrivare in tempi anche brevi ad una possibile opera di sterilizzazione farmacologica, che potrebbe permettere la soluzione incruenta del problema. Altre proposte:
- – chiusura di tutti gli allevamenti di cinghiali presenti sul territorio regionale;
- – divieto di detenzione, commercio e trasporto di cinghiali;
- – finanziamento agli agricoltori di opere di prevenzione quali recinzioni elettrificate che vadano progressivamente a sostituirsi al pagamento dei danni;
- – studio, sostegno, finanziamento di piani di contenimento della popolazione di cinghiali, alternativi all’abbattimento, da attuarsi soprattutto nelle aree protette;
- – valutazione dell’opportunità di vietare la caccia al cinghiale su tutta la regione onde disincentivare l’interesse venatorio alla presenza della specie sul territorio”.
Saranno d’accordo i cacciatori che già “riscaldano” le doppiette?